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Il turismo riparte anche dalla bicicletta

01/07/2020 in News

Dopo il lockdown una delle grandi priorità del paese è stata quella di far ripartire il turismo, il vero volano economico dell’Italia. Ovviamente però, tra le preoccupazioni legate ai contagi, le difficoltà economiche di molte famiglie ed il blocco dei turisti stranieri, la strada da intraprendere non è semplice e tanti imprenditori stanno cercando nuove strade per riprendere a lavorare.

Ne abbiamo parlato con il Sig. Fernando Conti del Residence Le Rose di Marina di Bibbona (LI) che ha creato un pacchetto speciale per i cicloturisti chiamato “Bib..Bici”
L’idea, ci spiega il Sig. Conti, è stata quella di prendere un periodo di bassa stagionalità come settembre e unire all’accoglienza uno strumento ideato per coniugare il territorio con gli amanti delle due ruote. Bibbona, e più in generale tutta la Costa degli Etruschi, è una meta già famosa per chi ama vivere le bellezze della natura in bicicletta, ricordiamo che proprio in questo territorio è nato il pluricampione Paolo Bettini, da sempre testimonial delle bellezze locali.

“Il nostro residence, spiega il Sig. Conti, è il punto di partenza perfetto per chi vuole seguire gli itinerari del “Grillo”, ma anche per chi desidera visitare la pineta del Tombolo Meridionale di Cecina-Bibbona che costeggia la nostra spiaggia di sabbia, potendo usufruire inoltre di un servizio di noleggio di mountain bike, ideale quindi per i non esperti. Per gli appassionati, invece c’è la possibilità di visitare la Macchia della Magona lo sconfinato polmone verde di Bibbona distante appena 6 Km dal Residence Le Rose dove si snodano una serie infinita di percorsi, dal facile all’impegnativo, da percorrere in tutta tranquillità per la presenza di segnaletica dedicata”.

“Nel Residence Le Rose avrete a disposizione appartamenti confortevoli e climatizzati dotati di angolo cottura e frigo-congelatore, è a vostra disposizione anche la piscina per un tuffo rigenerante e defatigante, troverete inoltre la vasca idromassaggio per recuperare equilibrio fisico dopo l’attività sportiva ed infine per cena, presso il nostro ristorante “Da Allegra”, apprezzerete l’inimitabile cucina tipica toscana oppure gusterete un’ottima pizza prodotta con farine selezionate e lievitata per un minimo di 24 h, cotta nel tradizionale forno a legna.

A tutto questo aggiungete anche una sosta nella nostra spiaggia di sabbia per farvi un bel tuffo nel nostro mare pulito che ormai tanti anni si fregia dell’ambito riconoscimento della Bandiera Blu A
chi non può fare a meno di separarsi dalla propria compagna di viaggi abbiamo a disposizione un deposito dove poterle lasciare senza alcuna preoccupazione oppure per farvi sentire ancora più sicuri è possibile portarla in appartamento, un motivo in più per sceglierci!”

Abbiamo voluto dare spazio all’iniziativa di questo imprenditore locale, tra l’altro un appassionato e nostro amico, nella speranza che altri seguano il suo esempio e dedichino sempre maggiore attenzione al cicloturismo, ormai non pià un fenomeno per pochi, ma una opportunitò, forse unica per rilanciare questo settore così in crisi.

Dimenticavamo una cosa: se qualcuno fosse interessato all’offerta speciale ecco quello che il Sig. Conti offre a tutti gli amanti delle due ruote

Ecco l’offerta Bib..bici:

Pernottamento + cena di tre portate con acqua ai pasti inclusa
Euro 60,00 a persona – minimo 2 partecipanti

Possibilità di richiedere guida esperta del tracciato.

Valida dal 05/09 al 11/10. Per tutti gli altri periodi sono comunque presenti offerte speciali per i cicloturisti.

Dino Lanzaretti: PER PARTIRE IN BICICLETTA

29/06/2020 in Cicloviaggiatori, Interviste, News, Viaggi

Paolo Pagni Cicloturismo: Stasera ho l’onore di avere come ospite il grande viaggiatore cicloviaggiatore Dino Lanzaretti.
75.000 km in 4 anni, classe 1977. Una persona che insegnerà alle nuove generazioni che la bicicletta potrà cambiare il mondo.

Dino Lanzaretti: A me piaceva viaggiare per il mondo, avevo cominciato a fare l’alpinista però avevo capito che come alpinista non sarei mai stato a livelli dignitosi perché ho cominciato tardi però mi era venuta la fissa del conoscere, vedere le persone, conoscere il mondo e mi sono detto “a me serve qualcosa di figo per vedere veramente cosa c’è in questo meraviglioso pianeta” però volevo mantenere la bellezza di arrivare in cima a un monte da solo. Per avere quella soddisfazione di meritarsi un luogo perché sei arrivato con le tue forze e per sbaglio sono caduto addosso ad una bicicletta e per varie vicissitudini ho cominciato a pedalare in Sud est asiatico, perché il volo costava meno non avevo un soldo.
E poi da lì l’unica mia tempistica era trovare i soldi per partire quindi quando finivo i soldi tornavo, facevo le stagioni in montagna come cuoco nei rifugi lavoravo 4-5 mesi poi ripartivo, stavo via 6-7-8 mesi, un anno e ho continuato così per molto tempo.
Poi un giorno mi è venuto da progettare, con i viaggi in giro per il mondo, i posti più belli che ho visto, conosco i posti, ci sono stato io pedalate, se ce l’ho fatta io ce la può fare chiunque e quindi adesso voglio portarvi a vedere quelle cose lì perché vi assicuro nel contratto c’è scritto dalle 2 alle 4 commozioni sono garantite.
Perché come sai il mondo è spettacolare, la gente fuori e meravigliosa e in questa vita per forza dobbiamo concentrarci di conoscerla.

Io ho un sito internet dove la gente mi chiede quotidianamente dal tipo di bici al tipo di borse piuttosto che il visto per l’Iran, piuttosto che la strada di qua di là e tanta gente è partita e tanta gente continua a partire.

In ogni parte del mondo sei tu sei un bisognoso è quasi intrinseco nel DNA della gente quello di aiutarti, soprattutto in Africa ma anche in Medio Oriente, i paesi musulmani ovunque c’è il rispetto del sudore, c’è rispetto che tu sei lontano da casa, che tu sei da solo e quindi l’accoglienza è naturale e tante volte quasi imbarazzante. Tante volte in alcuni paesi io devo far finta di niente perché era talmente troppa questa cortesia però è qualcosa di incredibile e la bicicletta è il passaporto, il biglietto da visita migliore in qualsiasi contesto.

Anche perfino nei posti più incasinati Sud America, sono convinto che se avessi fatto la stessa strada che ho sbagliato in moto mi avrebbero aggredito ma in bici mi hanno lasciato passare.

Io fino a poco tempo fa avevo una bici d’acciaio fatta su misura, una bici da trekking fondamentalmente era convinto che fosse quella roba lì.
Poi ho cominciato a fare percorsi un po’ più impegnativi che richiedevano copertoni un po’ più larghi e sono arrivato a limare il telaio per farci stare i copertoni e poi ho esaurito tutta la versatilità di quella bici lì e adesso uso una bici gravel.
Con la possibilità di montare copertoni da 2 e mezzo, c’ho il manubrio drop e, ti giuro, è come se mi avessero regalato un Ciao perché mi rendo conto, ovviamente costretto nel backpack ad esser più leggero, mi rendo conto che più leggero, con una posizione di guida più aggressiva, con la bici più rigida, con angoli più stretti veramente vado con il piacere di spingere.

Con una bici così aggressiva ti vien voglia di spingere di più. Quindi ho riscoperto un mondo incredibile, questo del gravel.

Quando ho cominciato io non c’era internet, mi sono preso una bici da €50 e ho fatto 8000 Km in sud-est asiatico con la bici due taglie più piccole mi sono schiacciato il tendine perché avevo la stella molto più alta del manubrio, quindi partito con le pezze al culo senza sapere niente ho capito che si poteva fare.
Adesso, con tutto quello che c’è online, con tutta la tecnologia che c’è sulle biciclette fare un viaggio, in base alle proprie disponibilità economiche e di tempo, è facile. Abbiamo fatto tempo fa una reunion di viaggiatori e stavamo lì e chiacchierando dicevo “Ma cosa possiamo dire a chi vorrebbe cominciare a mettersi nei nostri panni?” alla fine è venuta fuori una sola cosa “Fallo”.
Non c’è nulla che ti possa far desistere da una cosa così perché anche uno non ha mai viaggiato, non ha mai pedalato più di tanto se non voglia di viaggiare e ha una grandissima apertura mentale prende la bici, si attacca le borse, si mette su un copertone un po’ giusto per la strada, vediamo come si fanno i visti e si parte.
Giorno dopo giorno uno si accorge che ce la fa, che le gambe vanno di più, si mangia bene, si riesce a dormire bene in tenda ed è tutto un divenire e poi una cosa incredibile è che diventa sempre più bello.
E poi continuando, stando fuori come sono stato fuori io tutti sti anni cambia totalmente il tuo modo di vedere il modo, di vedere noi nel mondo.

C’è un algoritmo abbastanza comune tra i viaggiatori: chi ha i soldi non ha il tempo e chi ha il tempo non hai soldi. Quindi noi viaggiatori, che abbiamo dato al tempo dell’importanza maggiore e abbiamo sempre cercato dei lavori che ci piacessero ma che ci lasciassero il tempo di fare quello che ci piaceva. Quindi lavori brevi, intensi, massacranti.
Io ricordo quando ho attraversato il Tibet, ci ho messo 6 mesi e ho speso 380 dollari. Non c’è nessuno, quindi neanche se li brutti i soldi li spendi, però costa pochissimo, una volta che tu hai ammortizzato l’aereo veramente costa poco quindi non è una questione economica ma una questione di volontà.

Io ho cominciato a dire “il venerdì non esco”, non spendo quei €50 al bar poi il sabato mattina visto che mi posso alzare presto perché non sono stato fuori fino alle 4 vado a fare un giro in montagna, quindi hai già due giorni dove tu non spendi soldi. E facendo queste piccole variazioni della vita ti accorgi che, tirano un po’ la cinghia, diminuendo le birre, le uscite riesci a mettere via soldi.

Roberto: Qualcosa di facile in Europa?

D: Io di Europa conosco poco perché ho sempre avuto bisogno dello shock culturale.

P: Se vuoi andare in un paese civile, per quanto riguarda la bicicletta, vicino all’Italia è la Francia. Perché la Francia ha tutte le ciclovie di questo mondo. La Francia è adattissima, tutto il Nord Europa ma la Francia che è molto vicina ha un clima abbastanza favorevole è un posto per cominciare.

Ivan: la ciclabile del Danubio partendo dalla Foresta Nera

D: Io non l’ho mai fatta però so che addirittura la fanno delle famiglie. Potrebbe essere una cosa molto facile, so che è organizzata benissimo, ci sono i punti dove dormire, ci sono i ristori per strada.

Ivan: domanda per Dino 5 cose che non devono assolutamente mancare a un cicloviaggiatore

D: La prima cosa è come dicevo prima l’apertura mentale, bisogna essere veramente pronti ad accogliere quello che arriva. Non è che si può andare in Cambogia e pretendere gli spaghetti al pomodoro.
Un’altra cosa deve piacerti la bici che hai, ti devi divertire, deve piacerti anche la fatica dopo ma fondamentalmente deve essere un richiamo bello quello di saltare sulla bici la mattina.
Poi l’equipaggiamento, è la cosa più più costosa da mettere insieme fare un viaggio, bisogna avere quella bella giacca in gore-tex, bisogna avere quella scarpa che vuoi tu ma che ti piace, la sella giusta, il copertone che ti permette di non forare dalla mattina alla sera. Ci vuole un equipaggiamento che per ognuno è personale.
Macchina fotografica, io sbarello per le foto, a me piace, mi perdo veramente giornate.
Quinta cosa, ci vuole l’arma segreta, ognuno di noi avrà un’arma segreta che è quella roba che ti tira fuori dei casini all’ultimo secondo quando non ce la fai più. Nel mio caso è la musica, la musica ti da la carica.

Alessandra: Un bel percorso da fare in Italia con bici da strada una settimana

P: In Toscana ti potrei disegnare quello che vuoi, bisogna vedere se ti piace la montagna, se ti piace il mare o la collina. Però diciamo che ci sono dei social apposta.

La bicicletta salverà il mondo.

P: Quanto è durato il viaggio in Siberia più o meno?

D: Ho fatto un anno perché sono tornato a casa in bici, però in Siberia, la parte dura dura della Siberia sono 2000-2200 km. Il posto più freddo del mondo, dove vai sotto i meno 60 lì sono 2000 km.

Angela: Ciao ragazzi ma free-camping in Italia? La cosa mi spaventa un po’, vorrei avere una vostra opinione Grazie

D: Guarda, non è solamente una mia opinione ma tantissimi viaggiatori che ho incrociato in giro per il mondo si lamentavano del fatto che in Italia non è assolutamente la cosa più facile del mondo fare free camping. In Italia non è semplicissimo, però me la cavavo usando Google. Però bisogna un attimino mettersi un po’ via perché non è che se tu ti metti lì e poi la mattina arriva il contadino ti offre il caffè.
In Marocco o in altri paesi la gente neanche ti lascia mettere giù a tenda perché ti porta a cena. Quello che faccio io è di star lontano dalla strada, lontano da chiunque e non mi faccio manco vedere mentre porto la bici o dove metto la tenda. Quindi con delle accortezze si può fare ma sconsiglio a chiunque mettere la tenda vista strada, anche perché in moltissimi posti ti becchi €1000 di multa.

Ivan: Ne approfitto per l’ultima domanda il mio sogno è partire dall’Italia raggiungere lo stretto di Bering e attraversare le Americhe, è fattibile aggiungere l’Alaska da quella regione della Siberia (anche in nave ovviamente). Che ne dici?

D: Ci sto studiando da un paio d’anni, io so come si può fare ma non ha dell’umano, non ci sono strade per arrivare in cima alla Siberia a parte i visti allucinante che ci vogliono. Bisognerebbe pedalare i laghi, i fiumi ghiacciati e poi mi attraversare lo stretto di Bering ghiacciato e non c’è la possibilità di trovare questa combinazione di distanza perché siano ghiacciati sia i fiumi che lo stretto. Poi il problema più grosso sono i visti, non puoi uscire dalla Russia quindi devi far venire una delegazione con elicottero apposta per te e questa cosa qua ha un costo disumano e poi verrai sicuramente arrestato una volta dall’altra parte o viceversa. Se non l’ha fatto Mike Horn che è il più grande avventuriero vivente un motivo c’è.
Chiunque riesca a fare una cosa del genere probabilmente entrerà nella storia.

L’unica cosa che mi sento di dire per concludere e questa: noi siamo stati rinchiusi per un sacco di tempo, noi siamo come delle molle che sono state compresse.
Spero che tutte le persone che hanno avuto questa compressione, adesso che potranno uscire lo faranno spingendo sui pedali e non disperdendo energie in cose inutili, in odio eccetera.
Mettiamo tutta questa energia sui nostri sogni e basta, andiamo pedaliamo, siamo positivi, ci siamo resoconti che siamo tutti parte di un unico pianeta.

 

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https://www.facebook.com/dino.lanzaretti/

IMPATTO SULLA SALUTE DEL BIKE TO WORK

26/06/2020 in Interviste, News, Tecnica, Video

Oggi con il biomeccanico Omar e Marco di #genovaciclabile parleremo del Bike to Work.

Omar: Io mi chiamo Omar Gatti, ho 35 anni e di mestiere mi occupo di utilizzo della bicicletta per la salute, mi occupo di biomeccanica, quindi di posizionamento in sella, di preparazione atletica e di allenamento. Lo faccio attraverso il portale dell’azienda di cui sono socio che è bikeitalia.it.
Faccio questo nella vita, oltre a fare il papà, il marito e tutto il resto.
Mi sono laureato in scienze motorie e mi sono laureato tardivamente perché mi sono laureato già lavorando, studiando la mattina presto e la sera, mi sono lavorato l’anno scorso. Volevo comunque aggiungere questa caratteristica al mio curriculum e ho seguito tantissimi corsi, soprattutto all’estero, sempre riguardanti la preparazione atletica negli sport di resistenza, non solo per il ciclismo.
Ti dà almeno un imprinting, ti dà quella che è la forma mentis, ovvero ti dà l’idea di impostare il tuo lavoro in maniera scientifica che secondo me molto molto importante perché, purtroppo, come in tutte le cose anche nell’allenamento, nella biomeccanica eccetera è difficile distinguere la scienza dalla stregoneria chiamiamola così.

Paolo Pagni Cicloturismo: Marco, ci siamo sentiti l’altra settimana per una petizione che state portando avanti su Genova, riuscire a fare questi 130 km più o meno di piste ciclabili, che si sposa in pieno anche con il lavoro di Omar.

Marco: Io faccio parte di un gruppo di cittadini, siamo essenzialmente tre persone, Alessandra, Fulvio e me. Abbiamo aperto un gruppo per dare supporto a quella parte dell’amministrazione che vuole un cambiamento nella mobilità.
A noi interessa la mobilità leggera, la mobilità dolce. Abbiamo scritto una petizione, il gruppo si chiama Genova Ciclabile andate, in comunicazione trovate la petizione e firmate per cortesia la petizione.

O: Io vengo da una famiglia di cardiopatici e diabetici, due miei nonni sono morti di diabete, mia nonna paterna e mio nonno materno è morto di infarto, già due zii morti di diabete, un’altro di infarto eccetera.
Quindi tutta la storia familiare della mia famiglia è legata a queste malattie e io ho sempre pensato che non fosse naturale accettare questa cosa, per cui ho sempre cercato, soprattutto su di me, di capire come mantenere i vari parametri di glicemia, di pressione arteriosa sotto controllo e ho visto studiando che la miglior cosa è l’attività fisica che non è lo sport ma è semplicemente il movimento.
Ci sono ormai milioni di studi, è ormai un evidenza scientifica, è un tema su cui tutta la comunità scientifica è d’accordo, persino l’OMS, sono tutti concordi nel dire la sedentarietà è una malattia, questo perché il nostro corpo non è pensato per stare 10 ore sul divano, non è pensato per alzarsi la mattina, prendere l’ascensore, salire in macchina, andare al lavoro, salire in ascensore, stare seduti 10 ore, tornare a casa e stare sul divano la sera a guardare Netflix.
Il nostro corpo non è progettato per quello e questa emergenza covid-19 ce lo ha mostrato. Il 96% dei decessi del covid 19 presentavano due o tre patologie pregresse, significa che queste persone avevano dei fisici indeboliti da anni di terapie, da anni di medicine, da anni di patologie croniche di cui il 75% erano ipertesi per cui questa cosa è veramente importante.
Io ho pubblicato uno studio che ho chiamato “piano strategico per la riduzione della sedentarietà” in cui sono andato a vedere quella che è la situazione italiana e quali sono, invece, le campagne che all’estero sono state promosse per migliorare la salute dei cittadini ed è stato visto che alla fine quello che conta è riuscire a muovere le persone e la bicicletta, ovviamente, si presta benissimo.
Questo perché, innanzitutto, ce l’hanno già tutti, si tratta di un gesto atletico che non va insegnato, ne va imparato, tutti hanno imparato andare in bici e soprattutto grazie al fatto che abbiamo i cambi, possiamo dosare l’intensità e la velocità, la frequenza sulle nostre capacità e caratteristiche.
La bici, quindi, si presta a essere veramente uno strumento terapeutico per abbassare l’incidenza delle patologie, fai conto che in Italia c’è un dato, attualmente l’aspettativa di vita degli italiani è 84 anni, 86 per le donne però c’è un altro dato che è l’aspettativa di vita in salute che in Italia è 58 anni, vuol dire che in media ogni italiano intorno ai 58 anni sviluppa una malattia cronica, le 3 più diffuse sono ipertensione, diabete mellito di tipo 2 e cardiopatie dovute ad un infarto.
Noi possiamo vivere tanto ma viviamo condannati a essere malati cronici, quindi veniamo tenuti in vita da terapie farmaceutiche, veniamo tenuti in vita da continue visite dal medico di base a controlli. L’attività fisica, come la bicicletta, è stato visto essere un farmaco facilmente applicabile e con tanti benefici e pochissime controindicazioni.

Artemia: Mi fa piacere perché ho ripreso la bici proprio lunedì e tutti i giorni percorro 20 km

O: Le linee guida dell’OMS dicono che bisognerebbe fare 30 minuti di attività fisica moderata, moderata è un’attività fisica che mentre la svolgiamo possiamo tranquillamente parlare, quindi camminare, correre a bassa intensità e pedalare vanno benissimo. L’importante è riuscire a fare almeno 30 minuti al giorno.

Giovanni: Ho 65 anni, sempre fatto sport, gli esami del sangue pressione tutto bene, incomincio avere problemi di peso.

O: Ok, è fisiologico perché oltre una certa età, che sono proprio i 65 anni, nella quale sei entrato in quella che viene chiamata la terza età adulta, c’è un rallentamento notevole del metabolismo. Ovvero, l’introito calorico che tu assumi diventa superfluo perché il metabolismo basale, cioè quel metabolismo che serve per mantenerti vivo, si abbassa per cui se prima tu avevi bisogno, per esempio di 1.200 calorie al giorno solo per essere vivo adesso magari ne hai bisogno di 900. Queste 300 calorie di surplus diventano grasso perché, tutto il cibo che noi ingeriamo, che sia il carboidrato, la proteina, il grasso viene trasformato in grasso se è di più.
Quindi, in questo caso, oltre 65 anni, sei ottimo perché fai già sport ma sarebbe opportuno magari rivolgersi ad un dietista per essere sotto controllo anche sull’alimentazione secondo me.

Il cibo è anche una rifugio dalla noia, cioè, noi apriamo il frigorifero non perché abbiamo fame ma perché siamo annoiati e quando ingeriamo il cibo abbiamo il rush di dopamina che ci fa sentire bene, quindi a volte il cibo è solo uno sfuggire dalla noia.

Una cosa che io consiglio sempre a tutti è che prima di mettersi a sedere quando siamo a casa e mangiare mettere da parte quello che vogliamo mangiare.

Una delle strategie è tenere un diario alimentare, per una settimana ti segni tutti i giorni cosa mangi e quando lo rivedi dopo una settimana inizia a capire che in realtà tu sei convinto di mangiare poco e poi scopri che mangi un sacco di schifezze.
È uscito un dato che dice che il 40% degli italiani in lockdown è ingrassato oltre i 3-4 kg.

P: Noi siamo ciò che mangiamo, se io mangio bene ho una vita migliore.

M: Quei 30 minuti dell’OMS si sposano benissimo col bike to work perché non hai bisogno di trovarli, invece che passare un’ora, un’ora e mezza in coda in macchina le investi.
Su quello che dicevi del rush di dopamina, secondo me lo sentiamo di più quando stiamo fermi, perché abbiamo bisogno di gratificazione e se non hai endorfine sei molto più in balia della dopamina.

O: Noi abbiamo all’interno del nostro corpo quello che viene chiamato sistema analgesico endogeno, quando noi facciamo sport stiamo stressando il nostro corpo, lo stiamo portando oltre che si chiama omeostasi che è l’equilibrio del nostro corpo. Questo provoca si dei miglioramenti ma anche uno stress un’infiammazione localizzata dato che però il nostro corpo dice “io questa attività la voglio fare” abbassa il tono del dolore di questa infiammazione producendo praticamente questi oppioidi che sono le endorfine che vengono secreti da un punto nel nostro cervello che si chiama il talamo.
Questo fa sì che esista proprio una situazione dove noi siamo “fatti” di endorfine che viene chiamata tecnicamente “Runners High” ovvero lo “sballo del corridore”, è una situazione in cui il nostro umore è elevato, in cui la sensazione dolorifica viene spenta e soprattutto è una situazione in cui altri ormoni, come gli ormoni adrenergici vengono spenti. Questo fa sì che noi siamo già soddisfatti di quello che facciamo quindi non abbiamo bisogno di rifugiarci in piaceri istantanei, che ci diano la botta di dopamina.
Mi riallaccio al discorso del bike to work, tutti gli studi che hanno detto “Come facciamo a rendere un sedentario più attivo?” hanno definito che non bisogna chiedere tempo per l’attività fisica, la persona non deve trovare nuovo tempo per l’attività fisica perché altrimenti l’avrebbe già trovato. Il fatto è che noi siamo tutti convinti di non avere tempo. Quindi cambiare le abitudini di movimento, passare da una movimento passivo in auto a un movimento attivo è fondamentale perché così faccio attività fisica senza però rinunciare a tutto quello che dovevo fare prima. Quindi non devo rinunciare a Netflix la sera, non devo rinunciare ad andare a vedere la partita di pallone di mio figlio, perché ho semplicemente cambiato il modo in cui mi muovo verso il mio lavoro e quindi faccio attività fisica mentre sto andando al lavoro e questo è ottimo per riuscire a riprendere i 30 minuti dell’OMS.

P: Oltre a far del bene a te stesso fai del bene anche alla natura, al mondo perché ovviamente non inquini.

M: Io volevo chiedere ad Omar, per la questione del covid, tu hai dei consigli per chi, come massimo sforzo fisico ha fatto quello dal divano al frigo, come approcciarsi a quel quarto d’ora venti minuti di attività fisica?

O: Allora, innanzitutto bisogna iniziare con un’intensità molto blanda e dare il tempo al nostro corpo di abituarsi. Questa cosa è successa per esempio anche in questa settimana ma con gente che andava in bici. Il 4 maggio siamo stati liberi, ho visto su Strava gente che era venuta a fare la visita biomeccanica da me che i primi tre giorni si sentiva da Dio, poi ha iniziato a ad avere problemi, affaticamento questo perché all’inizio è stato proprio un rush di endorfine poi il corpo però ha chiesto il conto di due mesi di sedentarietà.
Non ci si può assolutamente trasformare in persone in totale sedentarietà ad atleti in una settimana è una cosa che richiede tempo e richiede molta costanza, il mio consiglio è questo. Per iniziare evitare di pedalare con rapporti troppo lunghi, questo perché rapporti troppo lunghi richiedono, oltre a uno sforzo fisico a livello cardiovascolare, maggiore impegno muscolare e il giorno dopo possiamo avere i doms, ovvero i dolori del giorno dopo.
Questi dolori sono fastidiosi, faccio fatica ad alzarmi dalla sedia eccetera, molta gente magari non conosce i doms, non li ha mai avuti e quindi cosa fa? La prima cosa che fa è smettere di andare in bici. M è semplicemente un adattamento del nostro corpo, i nostri muscoli non erano abituati ad andare in bicicletta quindi si devono abituare e all’inizio possono fare male per cui il primo consiglio è usare rapporti più corti.
Cercare di idratarsi molto bene perché anche l’idratazione può portare lo squilibrio elettrolitico dovuto alla scarsa idratazione, può portare i crampi e non avete paura se il giorno dopo si hanno dei dolori muscolari, sono dei dolori normalissimi che vanno via col tempo.
Altra cosa che consiglio sempre è cercare di monitorarsi, controllare quanto tempo ci impieghiamo per andare in bici e cercare di non aumentare oltre il 10% la distanza o il tempo che pedaliamo ogni giorno, è ottimo per dare il tempo al corpo di adattarsi e soprattutto imparare ad ascoltare se stessi.
Quindi se si va in affanno mentre si va in bici, rallentare, per capire come fare basta parlare, se siamo in grado di parlare mentre andiamo in bici significa che stiamo andando sotto il 60% della nostra massima capacità aerobica quindi stiamo bruciando grassi.

Il problema grosso è che molte persone che non hanno mai fatto sport si spaventano. Il problema che moltissime persone appena hanno un dolore smettono di andare in bici è di fare movimento.

Se vogliamo avere gli stessi effetti della bici camminando bisognerebbe farlo per 60 minuti al giorno, quindi per una bici va bene 30 minuti ma se vogliamo avere gli stessi risultati bisogna camminare 60 minuti oppure camminare 30 minuti ma passo molto più spedito.

Fulvio: Mi piace il tuo approccio al benessere della persona, riesci a trasferire la tua esperienza nella biomeccanica dall’alta prestazione alle esigenze di benessere e di confort del ciclista urbano? Se sì come?

O: Allora, diciamo che ci provo, partiamo dal presupposto che siamo tutti esseri umani e io mi sono reso conto negli anni, lavorando con la biomeccanica, che molti ciclisti sono ottimi atleti e pessimi esseri umani.
Cosa significa questo? Che sono fortissimi in bici, spingono, generano un sacco di watt, hanno una resistenza clamorosa, appena scendono dalla bici per esempio non sanno piegarsi a terra per raccogliere la penna che gli è caduta oppure messi in una posizione di quadrupedia non sanno muovere il bacino.
Quindi quello che dico sempre è che la bici è fantastica ma va sempre accompagnata con almeno dei lavori di mobilità articolare perché purtroppo la bici è bellissima, perché ha un rischio di infortunio molto basso rispetto agli altri sport, è un movimento molto guidato quindi noi facciamo sempre lo stesso movimento però allo stesso modo il nostro corpo, facendo sempre questi movimenti si struttura per questa cosa.

Se noi stiamo seduti tutto il giorno il nostro corpo si struttura per stare seduto, se pedaliamo e basta si struttura solo per pedalare quindi a volte vedo degli atleti che in bici sono fantastici, arrivano primi di categoria in bicicletta ma a livello motorio come esseri umani sono pessimi, non sanno fare uno squat quindi è importante se vogliamo utilizzare il gesto della pedalata in bicicletta è fondamentale prima muoversi tanto, abbinare mobilità articolare, sollevare pesi, allenare la forza muscolare perché senza forza muscolare non si va da nessuna parte. Quindi anche il ciclista urbano che vuole migliorare sicuramente dovrebbe, oltre a pedalare, fare almeno un minimo di mobilità articolare.

Il 90% dei dolori di gente che fa granfondo che io valuto non sono legati alla bici, sono legati a qualcosa fuori dalla bici che in bici viene estremizzato.

La maggior parte dei ciclisti che è venuta da me aveva mal di schiena, il secondo dolore più diffuso è il dolore alle spalle, il dolore alle ginocchia è solo il terzo quindi sono dolori legati alla parte superiore che in realtà non si sta muovendo, questo perché non la alleniamo fuori per diventare più forte.
Io dico sempre che c’è una piramide, prima c’è il movimento, muoviamoci il più possibile, poi ci sarà l’allenamento della forza perché senza forza non andiamo da nessuna parte, poi arriverà l’allenamento di resistenza aerobica e infine la tecnica lo sport specifico.

Mauro: In seguito alla visita biodinamica che rileva scompensi, te lavori per bilanciare il sistema muscolo-scheletrico attraverso esercizi posture ecc. Ma ti avvali anche di collaborazione con altri specialisti? Se sì quali sono i tuoi specialisti di riferimento?

O: La mia visita biomeccanica viene eseguita da me insieme ad un fisioterapista perché lui valuta il corpo, io valuto il movimento. Oltre a questo io collaboro con un professore dell’università di Brescia che ha un dottorato in scienza dell’allenamento per il movimento quindi per l’analisi del movimento e l’allenamento e poi con un podologo che è un professore dell’università di Firenze.
Io consiglio, oltre la visita biomeccanica, do sempre esercizi, faccio piani di allenamento per gli esercizi eccetera.
Comunque almeno un fisioterapista e un podologo sono fondamentali oltre alla dietista che è lì in quel caso se il cliente ha bisogno anche di perdere peso.

Molti ciclisti sono ancora convinti di due cose che secondo me sono estremamente dannose nel ciclismo, la prima è che se non torni distrutto dal tuo allenamento non ti sei allenato, il che è sbagliato perché devi tornare affaticato ma non distrutto e la seconda “i pesi fanno diventare grossi e se io divento grosso divento pesante quindi non spingo più” in realtà allenare la forza è la cosa più importante per un ciclista perché noi usiamo un tipo di forza muscolare che si chiama forza resistente di lunga durata cioè i nostri muscoli per tantissimo tempo usano il 25% contrazione massima se non la alleniamo e quello l’anello debole di tutti i ciclisti che hanno poi problemi in bicicletta.

P: Ho sentito varie scuole di pensiero sullo stretching, va fatto o non va fatto? Quando si torna o quando si parte? Perché ci sono scuole di pensiero completamente diverse.

O: Sullo stretching mi sono documentato proprio a fine 2019 perché ho supportato una ragazza di scienze motorie per una tesi di laurea sullo stretching. Da questa tesi è emerso questo: prima dell’attività in bici è totalmente controproducente perché prima tu devi portare sangue ai muscoli, lo stretching allunga il muscolo, se tu hai uno straccio bagnato e lo tiri l’acqua esce, quindi se tu i muscoli li tiri esce il sangue, tu invece il sangue lo devi portare i muscoli. Oltre al fatto che è stato visto che allungare i muscoli prima dell’attività fisica aumenta il rischio di infortuni perché diminuisce la componente di resistenza. Allo stesso modo è stato visto che subito dopo è controproducente perché il muscolo è caldo e tirandolo stai riducendo il flusso perché quando tiri il muscolo tu non tiri solo il muscolo, tiri il muscolo, tiri la fascia che è una una sorta di gelatina che avvolge il muscolo ma stai tirando anche i vasi e quindi tirandoli tu li stringi e riduci l’afflusso sanguigno. Quindi è stato visto che fare stretching subito dopo l’attività fisica aumenta il tempo di recupero.
Quando bisogna fare stretching? Bisognerebbe fare stretching tutti i giorni, 10 minuti al giorno ma lontano dall’attività, la sera prima di andare a letto o guardando la tv fai stretching ed è importante sempre prima fare esercizi per la mobilità per le articolazioni e poi allunghi i muscoli. Per cui lo stretching prima di andare a letto, fatto con la respirazione, aiuta anche a rilassarsi, favorisce la dominanza del sistema nervoso parasimpatico che è quello del relax e quindi aiuta anche addormentarsi.

M: Tu hai descritto quali possono essere le difficoltà di chi inizia a a fare bike to work e hai descritto i benefici in modo generale.
Una persona che inizia oggi, e supera lo scoglio dei dolori muscolari che benefici dal punto di vista pratico può aspettarsi nell’arco di 2/3 settimane.

O: In un mese è stato visto che è possibile abbassare la pressione arteriosa di 3/4/5 mm di colonna di mercurio si ha un miglioramento dell’assetto lipidico del sangue, quindi un miglioramento della dell’equilibrio colesterolo HDL buono – colesterolo LDL cattivo, si ha un miglioramento del tono muscolare si ha una miglioramento della mobilità articolare perché pedalando noi usiamo le articolazioni, le articolazioni quando le muoviamo la cartilagine secerne un liquido che le lubrifica.
In sostanza in un mese possiamo aspettarci di abbassare i battiti a riposo del nostro cuore, quindi aumentare il tono muscolare, migliorare la capillarizzazione dei tessuti, migliorare il tono muscolare, ovviamente abbassare un po’ il peso corporeo, ma dipende anche da come mangiamo. Ci possiamo aspettare un abbassamento della pressione arteriosa, un miglioramento dell’assetto lipidico e un miglioramento della glicemia oltre ai ad un miglioramento del tono dell’umore e dell’autostima che sono fondamentali perché quando noi pedaliamo il nostro cervello secerne delle neurotropine, che lo rendono più lo rendono più resistente alle infiammazioni, questo è stato visto avere degli impatti sulla memoria, sulla capacità di attenzione, sull’autostima e sulla sensazione di benessere generale.

Quindi in breve tempo possiamo semplicemente essere degli esseri umani più felici.

M: ti viene anche meno da cercare cibo spazzatura.

O: Sì, assolutamente sì, è una delle prime cose che avviene è un abbandono di alcuni tipi di cibi.

M: Anche dato il periodo, esistono studi che correlano l’attività motoria con l’efficienza del sistema immunitario?

O: Sì, assolutamente, ce ne sono parecchi e tutti dicono che l’attività motoria di qualunque tipo è ottima per rinforzare il sistema immunitario perché come ti dicevo prima ci sono queste infiammazioni latenti che si attivano quando pedaliamo per esempio. Questo fa sì che quando c’è un infiammazione il nostro sistema linfatico venga forzato a produrre più linfociti, i globuli bianchi quelli che servono per combattere malattie.
Il problema avviene quando facciamo delle attività più lunghe di 2-3 ore e soprattutto molto spesso o se le facciamo con dei sintomi di sintomi già di malattia. Infatti è famoso il paziente 1, Mattia di Codogno, è famoso perché ha sviluppato il coronavirus in una forma molto grave dopo aver corso una maratona. La corsa con già dei sintomi influenzali ha abbattuto le sue difese immunitarie e ha permesso al virus di dilagare.
Infatti cosa succede oltre i 60 minuti? i nostri muscoli sequestrano talmente tanto sangue che il nostro corpo inizia a spegnere degli apparati che vengono considerati inutili in quel momento che sono l’apparato riproduttivo, perché in quel momento non ci interessa riprodurre la nostra specie, l’apparato digerente e l’apparato immunitario, quindi sistema immunitario. Infatti è stato visto che almeno il 13% dei maratoneti si ammala di influenza nella settimana seguente la maratona, se fai le ultra-marathon, quindi sopra i 40 km, il 37% degli ultra-maratoneti la settimana dopo una gara si ammala di almeno influenza perché ha abbattuto completamente il sistema immunitario.

Se riusciamo a stare entro i 60 minuti al giorno invece il nostro sistema immunitario viene potenziato.

Il benessere è il presupposto per vivere una vita felice e una vita degna di essere vissuta. Io non posso sperimentare con pienezza la mia vita se non sono in grado di svolgere senza dolore e senza impegno i normali i compiti della mia vita. Quindi il benessere è il presupposto base per poter svolgere qualunque attività in maniera funzionale, in maniera fluida e in maniera ottimale. In questo modo io potrò avere delle soddisfazioni nella mia vita, che siano giocare con mio figlio, che siano correre una maratona, che siano esprimere la mia creatività al lavoro. Ma se io ho il corpo debilitato, ho il mio sistema nervoso che non viene stimolato, ho le mie articolazioni che fanno male non potrò mai vivere a pieno le situazioni che sto vivendo.
Quindi secondo me il benessere è una condizione in cui posso vivere ogni momento della mia vita in pienezza e a me piace sempre citare una frase di Socrate che dice “È una vergogna per un essere umano invecchiare senza vedere la capacità di forza e di potenza che il proprio corpo può sviluppare”.
Questo perché molti di noi vivono una vita totalmente sedentaria, non escono mai dalla propria zona di confort e non sperimentano, non scoprono quante cose possono fare con il loro corpo è questo secondo me inficia moltissimo sulla qualità della vita e soprattutto sul modo in cui noi ci relazioniamo con la vita con i problemi. I problemi sono fatti per essere risolti ma se hai la prontezza e il tuo corpo che ti assiste li puoi risolvere in modo facile se per prendere lo zucchero dalla credenza ti fa male la spalla probabilmente quando troverai un problema ti sembrerà qualcosa di insormontabile.

M: Anche perché è in questo modo non è il fine ma un mezzo per vedere tutte le esperienze che la vita ti propone.

P: Volevo fare un po’ di polemica, secondo me il covid dal punto di vista dello sport, del movimento è stato gestito male. Rinchiudere le persone ha soltanto abbassato le difese immunitarie e ha provocato veramente tanti danni sia a livello fisico che a livello mentale. Che ne pensi di questo?

O: Sono completamente d’accordo per il fatto che io sono convinto che noi italiani abbiamo un’ottima coscienza sportiva ma abbiamo una scarsissima conoscenza del movimento. La lezione di educazione fisica a scuola era vista come una cosa inutili. Cresciamo convinti che fare movimento sia esclusivamente fare sport e questo ci porta a credere che se uno è sportivo vabbè ce l’ha dentro e questa cosa permea qualunque nostro aspetto. E quindi l’attività fisica, che non è lo sport, non viene vista come un uno strumento. Quando invece se introdotta in maniera ottimale nella vita di tutti sicuramente permette un benessere migliore e questa cosa secondo me nella fase 1 del covid è stata presa sottogamba.
Ci hanno obbligato in casa, ma a delle persone totalmente sedentarie è stato lanciato il messaggio che se fai attività sportiva sei il male, tu produci il contagio quando non è così. Perché chi è riuscito a mantenersi attivo ha sicuramente vissuto una quarantena migliore.
Oltre al fatto che il Ministero della Salute ha cercato in qualche modo di veicolare dei messaggi, il problema grosso è che tu puoi veicolare dei messaggi dicendo fai attività ma tu non puoi pensare che uno che non ha mai fatto attività si mette a fare qualcosa se prima non gli spieghi come, quando, ogni quanto.
Devi educare le persone al movimento e se non lo fai saranno per forza sedentarie. In questo momento il nostro modo di vivere è quello sedentario, dobbiamo proporre alle persone una via alternativa ma per farlo dobbiamo renderlo appetibile.
Se tutti raccontano che i corridori sono gli untori come puoi pensare di proporre poi il movimento come terapia? Quindi dobbiamo cambiare completamente la cognizione a livello politico e a livello proprio culturale.

Fulvio: Quali sono i tuoi riferimenti bibliografici più importanti?

O: Allora, sulla sedentarietà se vuoi leggere puoi scaricarti gratuitamente il mio studio, scaricabile da bikeitalia si chiama “Piano strategico per la riduzione della sedentarietà”, a livello di allenamento io sono un grande cultore dei libri della scienza dello Sport Sovietica che ha cercato di apportare sempre più scienza nell’allenamento. Se dovessi consigliare un libro sull’allenamento si chiama “training for the Uphill athlete” ovvero “l’allenamento per gli sport di montagna” che secondo me è il più bel libro di allenamento per gli sport di resistenza che abbia mai letto, lo trovi su Amazon tranquillamente.

Giovanni: Si deve usare la mascherina in bici?

O: No, però quello che faccio io, la tengo sempre giù, quando incrocio qualcuno la metto su al momento e la tolgo.

Federico: Raccontaci che esperienze belle di bike to school

O: Sì, sicuramente la Massa marmocchi, un ottimo esempio questi ragazzi di Milano che si sono messi e accompagnare i bambini in bicicletta ce ne saranno sicuramente tanti. Il problema grosso è sempre la paura, tanta gente ha ancora giustamente paura, troppa paura. Io quando vado a trovare i miei genitori che abitano a 15 km da casa mia e torno in bici mia mamma vuole la chiamata quando arrivo o il WhatsApp per sapere se sono arrivato.

Fastidi aventreno: cause e rimedi- Posizioni del manubrio e delle leve

22/06/2020 in Biomeccanica, Interviste, Tecnica, Video

Parliamo di fastidi in avantreno, cause ed effetti.

Paolo Ferrali Biomeccanico: Possono essere da sovraccarico funzionale quindi una torsione eccessiva data da una sella troppo avanzata, quindi la mia torsione della zona carpale sovraccarica medialmente e da fastidio direttamente sull’avantreno.

Un altro fastidio che ci può essere in avantreno è nella zona nel deltoide e può essere data da una cattiva scelta nel manubrio.

Cristiano Meoni Osteopata e Fisioterapista: Ovviamente se si arriva ad avere delle torsioni nella parte alta delle spalle e si va ad agire, non solo sul deltoide, ma anche sul trapezio, sulla parte del passaggio cervico-dorsale, da dove si dirama tutto quello che è la parte neurologica e poi tutta la parte dove si innverva praticamente tutto l’avambraccio, il braccio e non solo. Il piccolo pettorale, il pettorale entrano gioco in base alle torsioni perché controllano il movimento della spalla soprattutto con il piccolo pettorale di conseguenza una contrattura di queste zone, da sovraccarico funzionale per un assetto scorretto, può portare una parestesia al braccio con formicolio alla mano e ovviamente dolori di tipo miofasciale, muscolare.

Quindi importantissima la scelta del manubrio, importantissimo l’assetto del carico sull’avantreno può portare un’inclinazione del collo scorretta e creano ancora più dolori.

Ci sono manubri curvi, manubri pari, curve fatte in un certo modo, hanno un’importanza queste scelte o quello è a piacere dell’atleta?

P: In biomeccanica non c’è niente a caso, ci sono aziende che studiano ogni giorno miglioramenti. Posso dirvi che ogni tipologia di manubrio è stata creata perché ha una funzione.

La posizione della leva freno, più bassa, più alta, si regola in base a cosa?

Praticamente, allungando le dita si va a mettere in tensione la catena muscolare e di conseguenza se non hai la leva freno subito a portata di mano devi cercarla con la rotazione del polso e da lì si possono creare veramente diversi problemi.

L’impostazione della leva io da persona a persona la cambio tanto perché è soggettiva.

Il manubrio da cronometro che è completamente diverso dal manubrio da strada, bicicletta da cronometro completamente diversa dalla bicicletta da strada, rigidità diverse, ciclistica diversa, parliamo un pochino della posizione del manubrio da cronometro. Per calibrare bene una bici da crono cerco di chiudere l’angolo circa a 90°.

Perchè alcune persone vengono da me con un dolore alle ultime tre dita?

Nel polso abbiamo quello che tutti conoscono come tunnel carpale, nel tunnel carpale ci passa un nervo che si chiama nervo mediano che innerva queste tre dita e un po’ la parte cutanea superficiale delle altre due.

Accanto a questo canale ci passa un altro canale che si chiama Canale di guyon dove ci passa un altro nervo che si chiama ulnare che innerva enerva le ultime due dita,

Un posizionamento che manda in compressione questa zona crea quello che è un formicolio alla mano.

C: La mountain bike è molto più distruttiva, sarà per i traumi, le discesa comunque molto ripide, carichi molto, ti devi allungare tutto posteriormente fai fuori sella.

Io vedo tantissimi epicondiliti perché io purtroppo la posizione in bici non riesco a vederla.

P: Una delle frasi che più ricorrenti nel mio lavoro è “parto non ho niente, dopo un’ora sto malissimo” .

Io tolgo tutte le torsioni che ci sono nel corpo umano per togliere le compensazioni, in automatico ho sempre avuto risultati.

Che c’è tra assetto gravel e assetto stradale?

P: Il gravel deve essere molto più guidato quindi ha un’impostazione molto più spiccata sull’avantreno quindi i cambi direzionali devono essere molto più repentini.

Poi dipende il grave perché ho visto persone che vanno a fare strade bianche e non è un gravel, il gravel è un’altra cosa, è una via di mezzo tra una mountain bike, molto meno guidata, ed è anche strade bianche però è un pochino più estremo.

Le leve devono essere portate molto più strette in modo che abbia una presa molto più ravvicinata per fare forza. La presa sotto si può lasciare anche come impostazione stradale perché ci sono dei momenti in cui ti devi veramente metterti sotto e spingere.

9001 Miles – Viaggio in Guinea

17/06/2020 in Cicloviaggiatori, Diario di Viaggio, Interviste, Video

La Guinea è veramente un paese incredibile, presenta bellezze naturali estreme e presenta tantissime difficoltà sulla carta, è un paese corrotto.
Sono entrato in Guinea dalla Guinea Bissau facendo le strade secondarie, perso all’interno della foresta tropicale. Ho raggiunto la dogana 2/3 giorni dopo aver superato fisicamente il confine della Guinea, ho trovato il primo grande villaggio seguendo la strada principale, poi da Conakry mi sono diretto seguendo per un tratto la strada principale e poi inoltrandomi nelle montagne Fuda Djallon, praticamente territori inesplorati, veramente impervi.
Sono tornato nel nord della Guinea ho trovato una cascata bellissima, ho raggiunto Tougue e il Parco Kouroussa e da lì ho tagliato tutto il parco dell’alto Niger da nord a sud, andando fino a Kissidougou e poi ho raggiunto seguendo la strada principale il confine con il Costa d’Avorio.
Ho fatto il paese in circa 20 tappe e ho percorso nel paese intorno ai 1600 1700 km.

La strada principale dalla quale sono entrato in Guinea è poco più di un singletrack perso nella foresta, non ho incontrato una persona e non sapevo nemmeno se era la strada giusta perché non funzionava niente.
Ho raggiunto l’ufficio immigrazione dopo 2-3 giorni di viaggio dove non sapevo se la strada era giusta, l’ufficiale quando mi ha visto mi ha sorriso, mi ha fatto il timbro.
Ho spinto la bici nell’acqua, è stato durissimo e bellissimo allo stesso tempo, dovevo andare avanti e indietro perché c’erano delle buche
Ho raggiunto un villaggio poco lontano e c’erano i bambini e le bambine di età diverse, la maggior parte erano adolescenti che lavavano i piatti nel fiume. Quando sono arrivato non se l’aspettavano, mi hanno fatto una festa.
Sono rimasto diverse volte sul filo del rasoio con il cibo perché è veramente difficile, mi ero fermato ad un piccolo villaggio e ho trovato da mangiare e mi ero sentito fortunato perché in Guinea c’è anche questo problema, io fin’ora non avevo avuto problemi di cibo e quindi avevo alleggerito le provviste e non ho trovato cibo quindi mi sono trovato con poca scorta e non c’erano punti, bancarelle o comunque posti dove mangiare e quindi è stato ancora più duro.
Ci sono persone che vedendo un bianco scappano perché hanno paura perché come noi raccontavamo ai bimbi dell’uomo nero loro hanno la storia dello Stregone bianco è in Guinea ci sono persone, donne specialmente nei villaggi, nelle aree più isolate che corrono via.

Arrivato a Conakry ero veramente cotto, mi hanno ospitato una coppia di ragazzi, lei tedesca e lui francese, lei lavora come guardiacaccia. Conakry si estende su una penisola e tutte le cose più importanti come le ambasciate, gli uffici sono sulla punta della penisola. Il traffico è infernale.
A Conakry si può fare vita da espatriati nei locali e nei ristoranti, di fare una vita più agiata, a me piace vedere entrambi i lati così poi sono andato al porto, quello più piccolo, non commerciale e ci sono gli Hangar dove affumicano il pesce. Sono bidonville, sono quartieri periferici, lì ho conosciuto un po’ di ragazzi e mi hanno permesso di andare dentro questi affumicatoi e poi ho fatto amicizia. C’è un forno e loro mettono il pesce sopra e lo affumicano coprendolo con la carta di giornale e per loro il pesce affumicato è un alimento base.
Il carbone è una cosa essenziale per loro perché praticamente cuociono tutto con il carbone quindi mettevano la legna sotto, fanno una specie di intelaiatura e poi sopra coprono con l’erba fresca in modo che l’aria passa fino a un certo punto fino a che non viene fuori il carbone che poi vendono in sacchi lungo la strada. In Africa se uno segue gli assi principali le strade sono perfette, c’è una o due strade principali che fanno il giro del paese e collegano i punti principali e la strada è perfetta.

Ero sperduto nella foresta, mi dicono che c’era una cascata e allora ho lasciato la bici, iniziando ad entrare nella giungla, poi sono arrivano questi ragazzi che mi hanno accompagnato e alla fine ho trovato la cascata, una meraviglia della natura.
L’Africa avrebbe tanto da insegnarci in termini di umanità e semplicità, io prendo lezioni quotidianamente.

Ad un certo punto passo un’area dove c’erano tutte queste formazioni calcaree, sono formichieri poi mi hanno spiegato.
Questo è il Fonio, un cereale endemico della Guinea e delle montagne del Fouta Djallon, è un grano molto piccolo, molto calorico.
Ero in uno dei luoghi più remoti di tutto il viaggio, poi un giorno sono arrivato in un villaggio e mi hanno dato da mangiare gli arachidi crudi e poi mi hanno dato da mangiare del mais.
Ho incontrato una scuola di donne dove imparavano a leggere a scrivere e imparavano la prevenzione contro la malaria.
Il commercio degli arachidi è molto importante, sostiene l’economia per la maggior parte delle famiglie, allora si creano dei mercati dove le persone vendono all’ingrosso.
Ho attraversato, da nord a sud, tutto il parco dell’Alto Niger, questa è la prima volta che attraverso il fiume Niger e lo attraverserò diverse volte in diversi paesi.
Attraversare tutto il parco dell’Alto Niger è stato veramente durissimo, ci ho messo credo 4-5 giorni, le strade variano tantissimo, da terra, a sabbia, a Roccia, tantissime salite, tantissimi discese veramente durissimo, un caldo insopportabile. L’umidità è veramente insopportabile poi a tratti pioveva.
Sono arrivato in quel villaggio con febbre, affamato, stanchissimo e mi sentivo veramente male, allora la sera m’hanno dato da mangiare il riso con sopra delle foglie e dietro c’erano le donne che tagliavano queste foglie e mi arrivava la puzza che sentivo perché stavo male. La notte ho avuto la febbre, ho preso una tachipirina. Il giorno dopo a pranzo ritorna il cacciatore e mi invita a casa sua, ero l’ospite d’onore.
Al confine con il Costa d’Avorio il paesaggio cambia, iniziano delle montagne e c’erano delle foreste di bambù fantastiche che praticamente facevano delle volte a destra e a sinistra, era bellissimo.

Io la conclusione la farei riportando un attimo l’episodio che è successo pochi giorni fa in America, quel poliziotto che ha ucciso quell’uomo nero. Siamo tutti uomini, siamo tutti uguali, siamo nel 2020, non esiste bianco e nero.

9001 Miles – Viaggio in Guinea Bissau

15/06/2020 in Cicloviaggiatori, Interviste, News

La Guinea Bissau confina a Nord con il Senegal e sotto con la Guinea, è uno stato veramente piccolo, di cui non si hanno notizie. Si parla in portoghese e la moneta è sempre il Franco cfa, è tra gli stati più accoglienti e più caldi che io abbia mai visitato.
Io sono entrato dal Senegal, sono andato a Sao Domingos, poi sono sono andato a Varela nella costa, andata e ritorno sono circa 120 km e poi sono andato verso la capitale Bissau.
Poi sono andato verso Fulacunda e poi mi sono perso nella foresta equatoriale per cercare di scorgere gli scimpanzè e poi sono salito leggermente passando dei fiumi. E poi sono andato verso la Guinea Conakry.

Il visto della Guinea bissau è un visto molto facile da ottenere, almeno in in Senegal, la mattina stessa prima di superare la frontiera mi sono recato in ambasciata e nel giro di 10 minuti ho avuto lo Stamp.
Ero super contento di entrare in Guinea bissau, è uno stato di cui si hanno pochissime notizie, io avevo sognato e programmato di andare in Guinea bissau anche non sapendo quando perchè pur essendo piccolo è un paese veramente interessante. Ci sono diversi ecosistemi, la natura è veramente rigogliosa e poi ho avuto il primo feeling del sentirsi persi all’interno dell’Africa e sentire proprio la grandezza del continente.

Appena entrato sapevo che sarei andato verso Varela, che è un piccolissimo villaggio di pescatori lungo la costa e sapevo che la strada era veramente terribile e quindi la prima cosa che ho fatto per festeggiare ho cercato un ristorante.
C’era questo ristorante e tra le varie cose ho scelto riso con pesce gatto affumicato, che èun piatto tipico.
La strada per andare verso Valera è veramente pessima, l’uomo ha modificato pochissimo e quindi si alternano dei campi di riso ad ampie zone di foresta.
Si incontrano pochissimi villaggi e ero contento perché sentivo proprio l’avventura.

In prossimità dei villaggi invece si incontrano le persone, prevalentemente donne perché svolgono un ruolo fondamentale per la società e dell’economia. Le donne vanno avanti e indietro con i loro carichi di merci, che possono essere frutta, pollo o qualsiasi cosa cercando di vendere le loro cose per poi portare il denaro ricavato dalle famiglie.

Arrivato in un piccolissimo villaggio, avevo dei buchi sui pantaloni, cerco il sarto, gli parlo portoghese veramente pessimo, questo ragazzo mi guarda, mi sorride e mi risponde in italiano.
Lui è Ilario, nativo di un piccolo villaggio sulla strada, è stato in Italia, nel nord Italia diversi anni e poi aveva deciso di ritornare di sua spontanea volontà.
Lui è amava l’Italia, si era trovato benissimo nel nostro paese, allora io gli ho chiesto, non ti mancano tutti i servizi, le comodità che avevi in Italia? Lui mi ha detto che ha lavorato in Italia, aveva messo da parte i soldi che spediva alla sua famiglia, era riuscito a costruire casa e poi ha detto che lui vedeva la nostra vita occidentale troppo fittizia, troppo incentrata sul possesso delle cose. Lui voleva ritornare nella sua semplicità e fare il suo lavoro e stare con con la sua famiglia. Mi aveva detto “voi avete tantissimo ma non avete il tempo di godervi la vita”. Lui mi diceva “ho avuto un’esperienza bellissima ma mi sentivo sempre stressato nel vostro paese”.
La Guinea bissau è un paese molto molto povero, le persone faticano per vivere, ci sono delle grandi difficoltà purtroppo.

Ilario è stato veramente il numero uno perchè, sapendo che andavo a Valera si era preoccupato mi aveva scritto un foglio che dovevo consegnare alla prima persona che incontravo a Valera.
Arrivo a Valera col foglio, incontro un ragazzo e mi porta a casa di sua sorella di Ilario. Quindi sono arrivato lì, lui nel frattempo aveva telefonato e mi hanno accolto nella loro famiglia.

All’interno della casa c’erano diversi ragazzi e ragazze perché poi la famiglia è formata dai figli che a loro volta sono sposati.

Valera si affaccia sull’oceano e ci sono delle spiagge selvagge fantastiche che si estendono per kilometri con dietro tutte le palme e la vegetazione. Io la mattina mi facevo delle bellissime camminate anche qualche bella nuotata perché l’acqua era calda e poi non c’era nessuno.
L’ultimo giorno, prima che partissi vengo a sapere che c’era un ristorante italiano e allora mi sono presentato. Siamo stati insieme tutto il pomeriggio fino alla sera e mi ha raccontato tutta la sua storia, mi ha detto che erano oltre vent’anni che non ritornava in Italia.

Sono ritornato a Sao Domingos perché è non ero riuscito a fare 60 km da Sao Domingos a Varela in un solo giorno e mi ero fermato in un piccolissimo paese dove avevo trovato un prete e quando m’aveva visto con la bicicletta era rimasto sorpreso e mi aveva invitato a fermarmi nella diocesi di Sao Domingos, così tornato indietro mi sono fermato da lui.
Mi ha portato a mangiare la scimmia.

Le persone quando tornano la sera dal lavoro entrano all’interno della foresta, vanno sulle Palme e tagliano il cespo, poi tornano a casa e con un processo lo fanno cuocere lo mettono sotto vapore poi lo spremono e viene fuori l’olio che loro usano come condimento.
Continuo il viaggio e vengono fuori dei paesaggi veramente incredibili, io ero continuamente estasiato, mi sembrava veramente di essere in paradiso.
Mi ero fermato a vedere quest’uomo che stava raccogliendo le reti da pesca con le sfumature color pastello dell’acqua e del cielo

La Guinea bissau è una festa, le persone sono così di cuore, così belle dentro. Io passavo con la bicicletta e tutti mi battevano le mani, mi urlavano, mi incitavano, tutti facevano festa.
Sono arrivato a Bissau, è la capitale della Guinea bissau, è una città veramente piccola, c’è un grandissimo mercato all’esterno della città e poi c’è il centro città.
Mi sono fermato un paio di giorni, ho preso il visto della Guinea conakry, sono andato all’ambasciata e sono stati molto gentili.
Sono andato nella parte sud della Guinea, che è la parte più remota dove mi sono veramente inoltrato all’interno della foresta per cercare di vedere gli scimpanzè.

Si attraversa il Parco Nazionale di Terra Fares è di Fulacunda e ci sono i coccodrilli, gli ippopotami, i lamantini che sono una specie di leoni marini.
Mi sono inoltrato nelle stare più piccole e ero rimasto senza cibo avevo finito le provviste poi andando avanti ho trovato una signora che aveva le ciambelle.
Queste persone che sono state gentilissime, le persone spontaneamente ti offrono cibo.

Uno degli incontri più singolari che ho fatto all’interno del viaggio, un calciatore, era attentissimo lui camminava, mi dava di spalle era attentissimo io con la bicicletta silenziosissima a un certo punto mi ha sentito, si è girato col fucile. Io mi sono fermato, ci siamo guardati, io gli ho indicato la camera e allora si è messo in bella posa.

Ricordiamoci di come stiamo perché persone nel mondo soffrono la fame, soffrono la sete, ricordiamoci sempre che tantissime persone vivono in condizioni al limite dell’umano.
Ero perso ancora nelle strade, questo era un corridoio naturale di elefanti, bufali e macachi.
Ho viste le scimmie, sia i macachi che gli scimpanzè, sono arrivato veramente in fondo nella foresta.
Le strade pessime, un pantano allora ho avuto il problema dei piedi da trincea, con i piedi costantemente bagnati sulla pianta si aprono dei tagli e vengono delle bolle.
Ho pedalato oltre le forze, all’interno della giungla c’era questo villaggio di una singola famiglia che allevava capre e maiali. Quando li ho visti sono caduto a terra perché non riuscivo più a stare sui piedi. Il marito e i figli mi hanno raccolto e mi hanno preso in braccio. Sono rimasto con loro almeno 3-4 giorni all’interno della tenda e mi hanno aiutato tantissimo.

Le frontiere illegali sono uno degli ostacoli e dei problemi più grandi per passare l’Africa. Sono dei ragazzi che si mettono in punti isolati e bloccano la strada e possono dare problemi perché praticamente possono essere dei banditi e vanno sempre passati con massima cautela e attenzione.
Avevo scelto di andare di entrare in Guinea conakry per un confine non convenzionale e quindi mi si apre all’interno tutti dei camminatori, delle pedane fatte di legno che superavano delle aree paludose dove c’erano bambini e donne che lavavano i panni e le stoviglie.

È un paese stupendo, pieno di gioia e lo consiglio anche come primo posto in Africa da visitare perché avrete moltissimi degli elementi tipici del continente. Vi divertirete tantissimo, le persone sono strepitose, così come i paesaggi, potrete solo e godere dell’esperienza.

9001 Miles – Viaggio in Gambia

09/06/2020 in Cicloviaggiatori, Interviste, News, Viaggi

Gambia - Ivan Bianconi

Il Gambia è un piccolo Stato circondato dal Senegal che segue il fiume Gambia che sfocia nel nell’oceano.
Sono entrato dal Senegal, poi sono andato verso Ovest, ho preso il traghetto e sono andato 40 km Sud perché avevo un non mi era mai successo di avere un ragazzo che mi aspettasse mi aspettasse arrivo cambia
Andato un pochino come 40 km a Sud perché avevo un ragazzo che mi aspettava all’arrivo, un ragazzo del Gambia che mi è venuto a prendere e mi ha portato con lui a vivere all’interno della sua famiglia.
Mi sono fermato circa una settimana poi ho rifatto il percorso all’indietro e ho ripreso il mio itinerario naturale all’interno del paese.
Il Gambia è uno stato bellissimo, è piccolo ma concentra dentro tutte le bellezze dell’Africa e poi in Gambia si ha il vero ingresso sulle strade rosse. Ho proseguito quasi toccando di nuovo il confine Nord con il Senegal, ho fatto tutta la sponda la Sud del fiume Gambia che passa proprio al centro del paese e poi sono rientrato in Senegal e di lì ho fatto tutto il Senegal fino alla Guinea-Bissau.
Il bello non è l’obiettivo, non è passare il paese per fare una lista, l’importante è viversi il posto. La vera essenza del viaggio te la danno sia i luoghi remoti che riescono a darmi quella scossa di adrenalina incredibile che mi spinge, sia le persone.
Se si passassero i posti senza incontrare le persone alla fine sarebbe come aver fatto un viaggio senza aver riflettuto, senza aver conosciuto.
Vedi queste belle linee dritte di confine, non hanno seguito niente di naturale, hanno deciso di tirare con il righello una riga e hanno diviso gli stati. Il grande problema dei conflitti tra etnie deriva da questo, perché tu unisci etnie che non sono che hanno delle usanze molto differenti e quindi crei conflitto, crei guerre.
In Gambia inizia la foresta e ci sono tantissimi spazi per il bestiame e coltivati.
In Gambia è altissimo il rischio di malaria e ci sono tanti cartelli che consigliano gli dormire sotto una zanzariera che ti può salvare la vita

Sono entrato a Banjul, la capitale del Gambia, una città relativamente piccola, poco caotica, c’è un un Boulevard lunghissimo che conduce al centro città, ci sono pali e su ogni palo c’è un messaggio riferito alla religione o a regole e comportamenti da tenere all’interno del paese.

La parte iniziale del Gambia è un grandissimo mercato, superata quell’area di spazio verde c’è un agglomerato urbano grandissimo perché c’è la capitale e poi ci sono tutti tutti i vari collegamenti.

Andare in un mercato africano potrebbe essere l’unico motivo per fare un viaggio in Africa.

Praticamente ero ero a casa di questo ragazzo che mi aveva contattato precedentemente, lui ha una organizzazione dove cerca di aiutare i bambini ad andare a scuola e a fargli avere un’educazione. Stava raccogliendo dei fondi perché stava cercando di acquistare delle biciclette per darle ai bambini in modo da permettergli di andare a scuola.
A me era piaciuto molto il suo progetto, ho fatto grazie a lui un’esperienza incredibile perché lui m’ha portato all’interno della sua famiglia quindi ho vissuto con ho vissuto con loro. Lui vive in una zona bellissima, un’area protetta, il Kamasutu National Park.
In pratica siamo quasi nella foce del fiume Gambia ed è tutta un’area salmastra incredibile, ci sono delle foreste di mangrovie piene di uccelli pieni di animali. Loro sono pescatori o raccoglitori di ostriche e quindi mi ha portato all’interno.

Avevamo preso una canoa e mi avevano portato all’interno del delta per esplorare, per cercare di vedere qualche animale per farmi vedere la loro fonte di sostentamento, la raccolta delle ostriche.

Il matrimonio è molto sentito, in Gambia il 90% è musulmano, lo sposo e la sposa si sposano, vanno nella moschea con pochissime persone, si va tutti a casa della sposa ad aspettare che gli sposi tornino e poi ci sono tutta una serie di rituali, c’era la cantante che fa gli auguri alla coppia e le persone passano soldi e poi si fa una festa, poi si prende e si ritorna tutti a casa dello sposo e lì c’è la festa con il banchetto, con la musica.

Sono poi ritornato verso la sponda, verso l’itinerario che mi ero prefissato. Inizia ad essere sempre più bello il paesaggio, con campi di riso aperti tra la foresta.
Poi ho ripreso il traghetto per ritornare verso la parte nord del fiume, quando prendi il traghetto è un caos infernale, il traghetto è lentissimo, ci sono dei cancelli enormi che sono chiusi fino a che il traghetto non attracca e le persone si attaccano tutte sulla porta che viene aperta.

AlBreda è una località abbastanza turistica in Gambia, è stata un altro luogo di morte per la conizzazione. Tu considera è sulla riva del fiume che in questo tratto è veramente ampio e c’è un’isola che è ad un chilometro un chilometro o poco più all’interno del fiume.
Praticamente quando gli inglesi hanno riconosciuto l’indipendenza del paese portarono tutti gli schiavi su quell’isola e gli dissero “Siete liberi ,a dovete tornare sulla terra ferma da soli”. Nessuno sapeva nuotare e sono tutti annegati, una cosa raccapricciante. Una cosa che deve far riflettere, che deve essere detta.

La sera cerco sempre un posto per dormire, mi sono fermato in un villaggio e qualcuno mi accompagna dal capovillaggio e mi introduce, io spiego la mia situazione e chiedo se gentilmente posso fermarmi.
Ho sempre trovato accoglienza e massima apertura e ospitalità. Il capovillaggio è un capo supremo, qualsiasi cosa accada all’interno del villaggio il capovillaggio ne è a conoscenza. Addirittura se all’interno della famiglia un marito e una moglie hanno un problema che non riescono a risolvere si recano dal capovillaggio.
Il capovillaggio è tenuto, quando arrivavo delle nuove persone a telefonare alla Polizia Locale perché ci sono villaggi molto lontani anche dalla strada principale.

Sono finito la sera in una mederza, una scuola coranica, un’esperienza molto bella.
Non riuscivamo a capirci perfettamente però mi hanno spiegato dei concetti di vita veramente profondi e belli e mi hanno invitato a restare.

Allora io ho provato ad entrare in Senegal da una frontiera non convenzionale, attraverso la regione della Casamance e praticamente è successo che mi hanno visto, hanno chiamato i militari e mi sono venuti a prendere perché quella era una zona chiusa. Mi sono venuti a prendere di notte con le jeep, con i fucili. Mi hanno portato in caserma facendomi un mucchio di domande, hanno controllato e mi hanno rilasciato la mattina successiva e poi ho potuto continuare.

Il Gambia mi insegnato tantissimo sotto tanti punti di vista. Il Gambia è un paese piccolo ma che ha un cuore grandissimo. Sono persone che hanno poco ma ti danno tanto. La lezione più grande che ho imparato è essere sempre pronto, spronato ad andare sempre avanti.
Ho visto delle persone fiere, delle persone belle che si meritano di avere una vita migliore.

9001 Miles – Viaggio in Senegal

21/05/2020 in Cicloviaggiatori, Interviste, Viaggi, Video

Continuiamo il nostro viaggio pedalante, siamo arrivati in Senegal abbiamo passato il deserto del Sahara e siamo proprio all’ingresso con il Senegal.
Abbiamo passato il fiume Senegal che praticamente è il segno geografico della fine del deserto e oggi entriamo veramente nell’Africa vera.
Dalla Mauritania sono sceso seguendo la Costa, San Luis dalla costa a nord di Dakar fino ad entrare a Dakar, la capitale.
Poi a Dakar mi sono fermato e poi ho proseguito ancora un pochino per la Costa e poi sono sono entrato all’interno, ho passato il parco nazionale del Delta del Saloum, che è fantastico e la tappa di oggi finisce con l’ingresso in Gambia che è lo stato che è interamente chiuso dentro al Senegal.

Io sono stato in Senegal un paio di mesi e non sono state moltissime moltissime tappe, la lunghezza su Google mostra 524 km ma ho controllato, ho fatto più deviazione a me risultano intorno ai 700 km all’interno del paese.

Sono entrato in Senegal che non stavo molto bene, mi portavo dietro tutta la fatica fisica e mentale accumulata nel deserto e al confine con la Mauritania, a 20 km dal confine della Mauritania mi sono iniziate a venire delle febbri, una grande stanchezza e avevo queste febbri che andavano e venivano quotidianamente, avevo sempre la febbre a 37,5 – 38 e mi sentivo realmente molto debole e anche mentalmente mi sentivo abbastanza spossato.

Appena entrato in Senegal venendo dalla Mauritania la strada è sterrata fatta di sabbia.
Ci sono due frontiere per entrare in Senegal, la principale che si chiama rosso lungo la strada principale e poi ce questa, io avevo scelto questa perché attraversava un parco nazionale veramente bellissimo, pieno di animali e poi perché questa frontiera è molto più facile essendo una frontiera piccola dalla parte del Senegal è stato molto più facile passare rispetto al rosso che è considerata una delle frontiere africane più corrotte e più difficili.
La prima città che si incontra entrando in Senegal è San Luis, sulle delta del fiume Senegal ed è leggermente internata.
Finalmente rivedo il verde, rivedo l’acqua e anche questo veramente mi ha dato tanta gioia.

All’arrivo a San Luis mi fermano subito i militari.
Il primo militare che incontro mi ferma, mi prende il passaporto e non voleva ridarmelo perché voleva soldi, poi inizia a guardarmi i visti.
Ho capito subito che bisognava essere un pochino duri così ad un certo punto, sempre col sorriso gli ho detto “Ascolta, questa non è più la Mauritania, questo è il Senegal, io di soldi non ne ho, sto in bicicletta e non posso fare più niente e guarda il timbro del Senegal è appena fatto, è validissimo” e quindi mi ha lasciato andare.
Arrivo a San Luis che è una città carinissima, è molto tradizionale, molto particolare, realmente tipica.
C’era il Festival Internazionale del Jazz, significa che San Luis era piena colma e ogni albergo era pieno. Non c’era posto da nessuna parte, ho iniziato a chiedere, a girare diversi alberghi chiedendo ai tassisti.
Vedo poi per la strada due signore bianche che camminavano e mi fiondo da loro e gli spiego la situazione, loro si guardano e mi dicono di seguirle e mi porta a casa loro. Sono stato da questa signora, Silvie si chiama, fino al martedì.

Lei è stata un angelo, dal momento in cui ho lasciato la casa, lei mi ha dato una stanza, poi lei mi ha portato a vedere il festival, i mercati, mi ha fatto fare il giro della città perché lei abitava lì da diversi anni, adesso è ritornata in Francia.
Poi lasciato Dakar il paesaggio ritorna molto arido, semi-desertico e si incontrano delle saline.
Poi iniziano dei Baobab secchi e poi ci sono delle Acacie, è caldissimo e il sole enorme brucia tutto.
Non mi sentivo bene, venendo dal deserto con tutta la solitudine e il grande sforzo che avevo fatto per abituarmi ad essere praticamente solo, trovandomi improvvisamente in Senegal che invece è un paese molto popoloso mi trovavo male.
Non stavo bene in mezzo alla gente e tutto quel caos e quella confusione mi infastidivano, mi rendevano nervoso, uniti anche a questa febbre che non mai stavo malissimo.
Allora cercavo di prendere le strade più remote, più lontane ma trovavo gente ovunque, è stato durissimo. Io solitamente sono una persona che ha sempre amato stare in mezzo alla gente, raramente nella mia vita ho avuto dei problemi a relazionarmi con le persone, in quel momento avevo addirittura questo tipo di problemi.
Perché poi gli africani molto curiosi, già in Senegal di bianchi che girano al di fuori delle città maggiori sono sono veramente rari quindi attiri tutte le attenzioni.

Il fatto che ci sia molta urbanizzazione porta anche al fatto che in Senegal si inizia a trovare facilmente cibo lungo la strada. Ogni piccolo gruppo di case o quasi c’è una signora che tiene il ristorante oppure la bancarella che prepara il riso e qualcosa da mangiare.
In Senegal si mangia prevalentemente riso con verdure, con una verdura tipo zucca e poi c’è una specie di verza e poi c’è una salsa fatta con le arachidi.
Quando mi vedevano le persone si stupivano, praticamente mi facevano una festa enorme, anche i bambini, anche se soffrivo mi rendevo conto che stavo vivendo degli attimi unici, incredibili. Perché praticamente il viaggio è fatto di questi momenti, a volte uno arriva stanco, spossato, finito però poi succede in un posto qualsiasi si innescano delle scintille, delle reazioni chimiche e ti trovi in questa atmosfera fantastica e questa è la vera magia del viaggio.

Riesco arrivare a Dakar dove avevo una famiglia locale che mio ospitava, arrivo a casa loro morto in pratica, sono stato a Dakar un mese immobile nel letto per per farmi passare la febbre.
Dakar è una città infernale, lo stereotipo della vera città africana. Dakar sta su una penisola, il centro è proprio situato sull’estremità della penisola ma prima c’è la periferia, le strade sono sia asfaltate che di sabbia, ci sono macchine, camion, asini e mucche, cavalli, c’è di tutto. Per riuscire ad arrivare dal mio contatto mi sono infilato in mercati infiniti dov’era tutto bloccato, le macchine e i motorini salivano sui marciapiedi in mezzo alla gente, è stata una cosa orribile ma al tempo stesso eccitantissima.

Con la famiglia che mi ospitava ero diventato amico allora la mattina andavo al mercato con la ragazza delle pulizie e della cucina che andava a prendere le varie cose per cucinare.
Il mercato è il centro della vita senegalese come di tutta l’Africa, il mercato è il fulcro della comunità.
All’interno del mercato trovate tutto, il 99% delle persone che trovi nei mercati sono donne che sono il fulcro della famiglia e dell’economia, le donne fanno tutto, solitamente non ci sono molti uomini che lavorano, gli uomini passano il tempo sotto il mango a parlare, facendo un poco e niente mentre le donne dalla mattina si occupano della casa, dei figli, del mangiare.

Ero diventato molto amico con il figlio della donna che mi ospitava, avevamo la stessa età e il pomeriggio mi portava con lui. Mi ha portato sull’isola di Gorée, un isola dove ci sono tutte Buganville, ci sono artisti che fanno quadri oppure musicisti che suonano però in passato è stata fulcro della tratta degli schiavi, c’è infatti la casa dello schiavo. Fatta su due piani, il livello superiore era il livello dei bianchi, dei padroni e voi vedete la casa bellissima con vista sul mare, grandi finestre ancora arredata come era a quel tempo e poi il piano inferiore invece sono delle prigioni, delle celle dove gli schiavi che arrivavano dal mare stavano, divisi per uomini, donne, bambini ed anziani. Erano delle sale di tortura senza finestre.

Dopo un po’ di tempo mi sono ripreso completamente, e mi sono sentito pronto a lasciare Dakar.
L’ho lasciata una domenica mattina prestissimo perché non volevo prendere il casino perché mi sono rifatta tutta la penisola a ritroso e non volevo rimane bloccato un’altra volta.

Ho incontrato quest’uomo in una città sulla costa, all’inizio ha cercato di fregarmi e io mi ero arrabbiato con lui.
Io stavo mangiando ad un ristorante, lui mi avvicina parlando e mi chiede se voglio una Coca Cola, io dico di sì, me la va a prendere e praticamente mi chiede il prezzo della coca-cola raddoppiato perché me l’aveva portata.
Da sta cosa mi si è messo vicino e abbiamo iniziato a parlare, è venuto fuori che aveva una sartoria e poi siamo stati una giornata insieme, mi ha spiegato tantissime leggende della cultura africana e mi mostrava nella sua boutique le varie figure che erano rappresentate sul tessuto. Mi ha portato lungo il mare da dei suoi amici, mi ha fatto fare una catenina con scritto il nome.

Qua siamo a M’bour, dove c’è il mercato del pesce più incredibile e più forte che io abbia mai visto in tutti i miei viaggi.
Praticamente arrivano le barche che hanno tanti tipi di pesci, di polpi perché il mare è ricchissimo e poi ci sono le donne e i bambini che puliscono e vengono a pochissimo.
La maggior parte del pescato però viene caricato in camion e viene portato verso il Marocco e la Spagna. Tu considera che le navi sono cariche e non possono arrivare sulla spiaggia perché si romperebbe lo scafo, quindi rimangono una decina di metri nel mare. Le persone vanno a prendere le cassette piene di pesce dalle navi che pesano 20 kg in media e le trasportano passando per la spiaggia attraverso i rifiuti, attraverso le persone per oltre 200 metri e vengono pagati niente.

Passato M’bour, che mi ha fatto riflettere tantissimo sulla vita, sulle differenze, sulla nostra fortuna solo di essere nati qui, il paesaggio diventa sempre più verde, si trovano baobab belli e rigogliosi, sono delle cattedrali, sono alberi giganteschi.
Proseguendo ho trovato paesaggi sempre più magnifici, ho preso delle strade piccolissime che passavano attraverso il Parco del Delta del Saloum che è una riserva anche per il birdwatching e c’erano i fiumi e laghi che formavano tutto un ambiente salmastro fantastico.
Poi in Senegal iniziano le vere strade di terra rossa africana perché inizia quindi come potevo mi levavo dall’asfalto e iniziavo a prendere queste strade incredibili.

Siamo arrivati alla fine della tappa di oggi, il giorno prima di entrare in Gambia, dove è iniziata la stagione della pioggia, mi sono fermato in una casa dove mi hanno accolto.
Ho dormito, mi hanno fatto stare da loro, poi la mattina volevo fare una foto tutti insieme ma non me lo hanno permesso. Mi hanno fatto fare una foto con soli uomini e l’altra con le donne per non farsi vedere uomini insieme per la loro cultura e religione.
In Senegal prevalentemente sono musulmani, io i musulmani li adoro perché ogni volta che ho viaggiato in un paese musulmano non ho avuto mai nessun problema, mi hanno dato sempre tutto, io li rispetto tantissimo.
Non è da confondersi con le cellule Al Qaida, quella non è religione. Io sono cristiano e la religione musulmana ha molti lati in comune con il cristianesimo.

Il Senegal è un paese bellissimo, vi porta realmente nelle nell’Africa, si trovano parchi con animali tipici africani e potete vedere uno spaccato di vita del continente.
Per me è stato duro perché non ero fisicamente e mentalmente al 100% ma è stato un gran paese, mi ha fatto sentire a mio agio e mi ha permesso di riprendere le mie forze per permettermi di continuare il viaggio. Le persone sono fantastiche, sono amichevoli, sono accoglienti e spero che possano migliorare le loro condizioni di vita nei prossimi anni.

9001 Miles – Viaggio nel deserto

20/05/2020 in Cicloviaggiatori, Interviste, Viaggi, Video

La Mauritania è interamente deserto, le condizioni sono durissime, sembra di non essere sulla terra. La Mauritania è una prova fisica e mentale, è un paese dai contrasti immensi perché è uno dei paesi meno abitati della terra, le condizioni sono severissime , ci sono tempeste di sabbia, vento, mancanza di acqua e le persone hanno un cuore grandissimo.

Sono entrato dal Marocco, dalla frontiera di Guerguerat poi sono sceso Nouadhlbou che è la seconda, oltre la capitale, città grande della Mauritania. La strada passa lungo la costa poi a Nouakchot mi sono fermato e sono andato a visitare anche l’interno spingendomi fino a Chinguetti che è un avamposto della via della seta e da lì inizia il deserto.

Ho avuto un problema con la bici, non avevo più la bici e quindi ho preso dei trasporti ho fatto l’autostop e sono andato lì perché mi sono ritrovato bloccato. Io ho solo tre cose fondamentali nel che viaggio. il telefono, il passaporto e i soldi. Appena entrato in Mauritania, e la Mauritania premetto che è un posto dove per giorni è possibile che non vedi nessuno, dopo la frontiera c’è il treno più lungo del mondo che trasporta dei minerali. Io per fargli una foto ho preso il telefono, mi è scivolato il telefono, dietro avevo una jeep enorme che è passata esattamente sopra il telefono e quindi il telefono distrutto. Quando non hai il telefono è un gran casino, specialmente quando entri in un paese nuovo.

Per i soldi? La carta di credito la accettano? Riesci a prelevare con carta di credito?

Sì, carte di credito e contanti. In pratica da paese prelevi dalle banche e poi cambi in contanti.

Mi sono fermato in Mauritania, ho aggiustato il telefono, in Mauritania non c’è connessione, internet non funziona, funziona solo di notte perché è una dittatura, la Repubblica islamica della Mauritania quindi è tutto bloccato e tutto criptato.
Io per scaricare Facebook e WhatsApp ero sveglio di notte col dito pronto per scaricare, ci ho messo dei giorni a riprendere le applicazioni base poi una volta sistemato il telefono sono ripartito.
La Mauritania è un paese rurale, probabilmente è il paese più povero di tutto il viaggio, le persone sono pastori che vivono con la transumanza delle capre e dei cammelli.
Questo è il famoso muro che divide il Western Sahara dalla Mauritania ed è tutto minato. Tutt’ora è una zona contesa, è zona militare.
La prima notte ho campeggiato con la tenda è sono stato fortunatissimo perché il problema di dormire era un problema che mi assillava dalla mattina. Perché il vento è implacabile, le tempeste di sabbia sono continue.

La Mauritania è ancora più sabbiosa rispetto al Marocco e poi il vento è veramente fortissimo. La sabbia viene trasportata sulla strada.
Il deserto rimane molto piatto, uniforme, anche le gli accampamenti di pastori sono rarissim. Per l’acqua mi fermavo dai pastori che erano sempre disponibili e pronti a darti una mano. Capiscono.

I cammelli vengono lasciati liberi e c’è un cammello capobranco, loro vanno in giro, pascolano e poi tutto il branco ritorna agli accampamenti.
Io mi sono fermato a questo accampamento nel momento del ritorno dei cammelli e mi sono fermato con questa famiglia che allevava i cammelli. È stata un’esperienza fantastica, ho munto il cammello per fare il latte.

I bambini lavorano, non vanno a scuola e il maestro dei bambini è il padre o l’anziano della famiglia o del villaggio. I bambini piccolissimi lavorano, aiutano i genitori nelle mansioni della casa.
Ci sono gli uomini della famiglia e finito di raccogliere il latte di cammello mi hanno offerto di mangiare con loro. Abbiamo mangiato una specie di piccola pasta con carne di cammello e poi si beve latte di cammello.
Questa gente m’ha salvato perché in quelle condizioni anche mettere la tenda è impossibile, loro mi hanno accolto come uno di loro.

Questo viaggio mi m’ha lasciato senza fiato, sia per le cose magnifiche che ho visto ma anche per tante cose brutte che ci sono. Io tento sempre di raccontare il lato più bello ma realmente a volte sono anche triste perché quando vedi delle grandi disuguaglianze, quando vedi la povertà vera, quando vedi che mancano le cose basilari diventi triste. Il bello di tutta questa gente che non ha niente ed è disponibilissima e condivide anche un piatto di pasta di riso con te, che sono pronti in ogni caso a darti quello che hanno.

Dopo un po’il vento il vento ti da veramente alla testa, io avevo degli sbalzi d’umore importanti, passavo da uno stato di euforia ad uno stato proprio di depressione e tristezza. All’ultimo ero veramente oppresso da tutta la sabbia. Io ero arrivato a mangiare dentro un sacchetto di plastica perché non riuscivo nemmeno a mangiare, mangiavo solo sabbia.

Io scendevo dalla bici e non capivo niente, avevo dei dei lapsus mentali. Il sole è talmente forte che non riesci a distinguere la terra dal cielo. Io avevo come delle allucinazioni.
In alcuni momenti io buttavo la bici, mi mettevo a bordo strada, contemplavo, pensavo, forse cercavo di riprendere le forze mentali e fisiche. Non sapevo se fossi stato fermo un minuto o un’ora perché tutto mi passava davanti.

Avevo fatto la foto al cartello dei 120 km da Nouakchott, non ci credevo, dopo 5 km la bici KO. Allora ho fatto l’autostop, sono arrivato a Nouakchott. Mi ha caricato un ragazzo con furgoncino che lavorava per una multinazionale che prendeva la sabbia per fare materiale da costruzione Canadese. Ho preso una camera in albergo, ho contattato quelli di Rohloff, sono stati incredibili mi hanno mandato i pezzi che mi servivano. Ho conosciuto questa donna che aveva un ristorante, le ho spiegato la mia situazione e mi ha invitato a casa sua. Lei prima di andare mi ha fatto un talismano per la fortuna.

A Nouakchott la sera verso le 5 le 6 ritornano i pescatori, riportano le barche fuori dall’acqua, il pesce viene immediatamente viene pulito e poi viene caricato nei camion che partono immediatamente per l’Europa.

Mentre aspettavo i pezzi di ricambio della bicicletta sono andato a visitare l’interno del paese. Ho preso trasporti e fatto autostop. Il paesaggio cambia tutto all’interno, il vento è molto meno poi il deserto passa ad essere sassoso.

Io sono andato ad Atar, la donna di prima era stata sposata con questo signore che è un gran Marabù, in pratica un discendente più o meno diretto di un santo.
Lui mi aspettava ad Atar e mi ha portato ad un banchetto all’interno di una moschea e c’erano i servitori che ci portavano da mangiare.
Io sono stato con lui, era praticamente venerato come un Dio, la gente si incontrava per strada e si inginocchiava, gli baciava le mani. é stata una delle esperienze più forti, delle persone più incredibili e più profonde che realmente ho incontrato io credo in tutti i miei viaggi.
Mi voleva benissimo, io sono partito un giorno prima, lui aveva delle cose da fare e non c’eravamo capiti mi ha richiamato, mi aveva preparato un banchetto, aveva fatto ammazzare un capretto per me. Mi portava la sera a vedere le stelle in una tenda nel deserto e bevevamo il tè e parlavamo. Lui mi raccontava le sue storie, quello in cui credeva.

Sono andato a Chinguetti, una delle città più sacre per tutto l’Islam, ci sono delle librerie antichissime che hanno dei Testi Sacri unici, c’è la moschea che è importantissima.
Dopo la città c’è il deserto infinito fino al Mali, tutto altopiano.

Quando Gate e Rohloff mi hanno rispedito i pezzi che mi servivano, li ho montati e ho rifatto l’autostop fino al punto esatto dove mi si era rotta la bicicletta e me la sono pedalata tutta in bici fino a Nouakchott. Io mi sentivo forte di testa e forte di fisico

Nel deserto per arrivare in Senegal mi hanno dato una piccola tenda dove dormire. Qua già iniziano ad esserci dei cespugli, delle acacie.

Verso la fine del deserto ci sono tantissime dune e ad un certo punto la strada fa una curva sulla sinistra e riappare la terra come l’abbiamo noi nei campi e poi inizia il fiume Senegal.

Io dopo il deserto ero finito, mentalmente e fisicamente, ero stanchissimo, avevo avuto lo stress prima del telefono poi della bicicletta con tutte le condizioni durissime ambientali.
Sono arrivato al al confine con il Senegal e ho incontrato delle capanne di pescatori, all’inizio gli ho chiesto se potevo dormire un’ora poi mi sono addormentato e mi sono svegliato il giorno dopo.

E allora mi sono fermato con quei pescatori, sono stato tutto il giorno nella canoa di un pescatore lungo il fiume Senegal. Quando sono tornato a casa avevo la febbre, mi avevano mangiato le zanzare però è stata un’esperienza incredibile.

Qua ti senti veramente in Africa perché hai i primi animali, i facoceri, è pieno di pellicani. Io lasciavo la bicicletta ed andavo nell’interno per vederli.

Domande:

Luca: Sei entrato velocemente in Mauritania? Perché amici motociclisti dicono che per entrare è sempre un calvario negli anni passati

Per me è stato facile , la frontiera della Mauritania è stata abbastanza facile. Io mi pongo sempre super gentile, super disponibile e paziente. Solo quando capisco che mi vogliono prendere dei soldi, mi vogliono fregare allora lì dopo un pochino divento un pochino duro. Loro giocano sempre sul fatto che tu sei di corsa e non hai tempo, io siccome non ho fretta io mi lavo le scarpe, mi metto un po’ a far finta di niente e così loro dopo un po’ si stancano.
Ho avuto problemi all’uscita della Mauritania, avevo il visto scaduto però mi ero informato e se ti scade il visto loro ti fanno un altro visto, tu paghi e poi passi in Senegal. Ti prendono le impronte digitali, dicono che non avevo le impronte digitali, hanno cominciato a dire che ero in un terrorista un un malavitoso e mi ero raschiato le impronte digitali per non farmi riconoscere. Allora li mi sono incazzato, all’ultimo mi hanno fatto il visto.

Marco: Io sono distrutto solo a vedere le foto, quanto conta la testa quando vai così al limite?

La testa è tutto. Perché se tu parti di testa se tu parti non puoi stare lì, li devi essere stabile, razionale.
Io sono sempre certo di me stesso, totalmente certo di me stesso.
Io continuamente mi faccio delle analisi, parlo con me stesso.

Simone: Vaccini che hai dovuto fare obbligatoriamente per questo viaggio in Africa?

Io li ho tutti i vaccini, sono sempre a favore dei vaccini perché ho sempre viaggiato. L’unico vaccino realmente obbligatorio è quello della febbre gialla però ancora in Mauritania non credo sia richiesto. Però io ho fatto, e lo consiglio, anche tifo, colera, meningite.

Marco: Sei mai finito nei guai per un guasto meccanico? Che accortezze hai? Mai capitato di dover trasformare la bici in single speed per un guasto al cambio?

Pedalavo nel deserto in Mauritania, sento una botta e la bicicletta che gira a vuoto. Capisco subito che era un danno grave, in pratica la sabbia mi aveva mangiato l’adattatore del Pignone.

9001 Miles – Viaggio nel deserto africano

19/05/2020 in Cicloviaggiatori, Interviste, Viaggi, Video

Il deserto è l’entrata reale nel viaggio, il primo ostacolo incredibile che ti catapulta nell’Africa e andando a riguardare il materiale e pensando all’esperienza ho ritenuto più giusto dividerla proprio per dare il senso del mastosità, della grandezza della traversata in se perché stiamo parlando di 2000 km incredibili durissimi fisicamente e mentalmente dove sei alla mercè del vento e della natura, della grandezza di questo ecosistema incredibile.

L’altra volta siamo arrivati alla porta del deserto e in questa puntata andrò a raccontare, appunto, dell’entrata nel deserto fino a Guerguerat che è la frontiera con la Mauritania.
C’è tutta la parte del deserto marocchino e il Western Sahara che praticamente è una zona nel sud del Marocco ed è una zona contesa tra Mauritania e Marocco.

La mappa mostra la tappa pedalata dall’inizio del deserto da Guelmim fino a Guerguerat che è appunto la frontiera con la Mauritania, la lunghezza è di 1256 km e la strada è una strada costiera perlopiù che che va verso sud e rientra in Mauritania.

Il deserto inizia gradualmente e poi sempre diventa sempre più forte. Ho fatto 14 giorni.
C’è un cambio netto del paesaggio, io venivo dalla strada costiera che corre tra mare e montagna. tutto verde e poi improvvisamente la strada fa una curva e c’è proprio il cambio netto del passaggio e li realmente è stata un’emozione incredibile. Io sulla mappa vedevo che c’era il deserto però non ero nel deserto perché passavo tutte zone più o meno aride ma poi ritornava sempre il verde e poi all’improvviso, facendo la curva mi sono trovato davanti tutta questa spianata enorme senza fine. Ho sentito anche tanta paura perché è emozione e paura allo stesso tempo perché partendo da casa il deserto ancora lo vedi come una cosa lontana, dici “Ok, adesso parto, ancora sono in Italia, sono in Francia, sono in Marocco il deserto è lontano” però poi quando ci sei realmente è forte. Mi è passato alla mente tutto il viaggio, ho pensato alle persone a cui voglio bene e poi mi sono detto “Eh, ci siamo, adesso il viaggio inizia”.

A Guelmim, che è chiamata la porta del deserto la prima reazione è stata di fermarmi a fare scorte di cibo e mangiare. Ho preso acqua, ho preso di tutto perché non sapevo realmente cosa aspettarmi perché non ci sono informazioni sul Western Sahara, sulla parte del deserto che va verso la Mauritania.

Il deserto è incredibile perché realmente senti proprio la forza della natura, la tua piccolezza è un po’ come un ambiente di alta montagna, senti che tu sei un ospite e che l’ambiente non tiene conto di te e che tu sia lì o no per lui è indifferente e questa cosa emoziona e spaventa ma da anche una forza incredibile.

Lungo la rotta si incontrano 4/5 città un pochino più grandi e la corsa molto bella che mi ha agevolato e supportato mentalmente è stato che quando inizia il deserto da nord andando verso sud le città sono abbastanza vicine tra di loro, parliamo di distanze di 100-150 km. Quindi senti chi hai dei punti di ancoraggio se avessi bisogno e poi le distanze aumentano a mano a mano che scendi, che vai verso sud e ti inoltri nel deserto.

Si incontrano tre fiumi da guadare, il primo è il più grande, il terzo secco e il secondo è una specie di fiumiciattolo.
Il primo è molto bello perché la strada sale leggermente e poi trovi questo, hanno messo delle mangrovie per cercare di far restare stabile la desertificazione perché è anche una zona dove vanno a deporre gli uccelli è molto importante.
E io non me l’aspettavo, sono arrivato in cima e ho visto l’acqua, ci sono delle sfumature col verde delle mangrovie, il giallo del deserto, è veramente stato molto bello.

Ivan, una domanda, con le riserve di acqua come facevi, perché tra un posto e l’altro ovviamente passava del tempo. In questo posto c’era dell’acqua, molto probabilmente riuscivi anche a far qualcosa, a prenderla filtrarla e quant’altro ma poi per il cibo per tutto il resto come facevi?
Allora, lì c’era l’acqua ma non sarebbe stato possibile purificarla perché è acqua salmastra servirebbe un salinizzatore, io non ce l’ho, io c’ho un purificatore che funziona solo con acqua dolce.
Realmente l’acqua è stato sempre un problema che ho tenuto molto in considerazione però alla fine sono stato fortunato perché quando si trovavano le città riuscivo a fare delle buone approvvigionazioni, avevo sempre una decina di litri d’acqua, però poi fermavo le macchine anche nel sud, anche in Mauritania che magari incontri una macchina al giorno.
Io mi mettevo in mezzo alla strada e tutti si sono fermati e mi hannodato una bottiglia d’acqua, quindi il problema dell’acqua non ce l’ho mai avuto.

Sempre parlando dell’acqua stavo molto attento, ad esempio quando ero in Mauritania guardavo l’acqua la mattina, vedevo mezzo litro e dicevo “Ma forse è meglio che il viso non me lo lavo”.
Per il cibo avevo fatto una buona scorta all’inizio e quindi non ho avuto difficoltà realmente avevo preso pane, avevo un po’ di pasta, poi quando incontravo delle città non ho perso mai occasione di fermarmi per mangiarmi della carne, un bel tajine che comunque da energia e poi devo dire che anche qualche macchina si fermava e mi dava dei datteri, dei biscotti, delle arance Un giorno nel deserto mi accosta una macchina, era un signore che andava verso sud e mi voleva regalare delle arance lanciandomele dalla macchina.

La strada lascia la Costa, è un parco naturale, iniziano delle dune grandissime, c’è tantissimo vento e la strada insabbiata e in pratica c’è una deviazione piccolissima per la laguna di Naila.
Ho fatto tutta la strada e mi sono trovato questa bellezza della natura, in pratica c’è una laguna che gira e poi si butta nel mare.
Nel deserto ci sono dei punti di checkpoint dell’esercito marocchino che all’inizio sono più frequenti e poi a mano a mano si si distanziano.

La costa in tutto il Western Sahara è incredibile, ci sono delle scogliere a picco magnifiche, maestose, guardavo la mia bicicletta che era minuscola e ero impressionato.
Poi la Costa non è molto alta ma spesso ci sono dei burroni a picco sul mare, un sacco di aquile e io ero gasatissimo ogni secondo.

Questa è una pianticella incredibile e tutto il Western Sahara ne è pieno.
Io, siccome ero molto secco e non avevo aloe e creme, sono andato a rompere questa pianta ho visto che usciva un gel e ho provato a metterlo sul braccio e ho visto che era come Aloe allora ho iniziato ad usarla su tutto il corpo perché mi aiutava a non farmi seccare la pelle.
E allora ho pensato che la natura è una cosa incredibile.

C’era il vento fortissimo, mi avevano fermato dei militari e mi avevano praticamente costretto a dormire da loro perché non volevano che rimanessi nell’area. Allora ho messo la tenda sul quella specie di muro a secco che avevano costruito.
La cosa simpatica è che poi mi hanno invitato a mangiare e loro si sono preparati il pasto e una torta al cioccolato.
Loro poi fumavano ashish e io stavo lì e mentre loro fumavano io gli ho mangiato tutta la torta al cioccolato.

Ero entrato a vedere un posto che mi intrigava, tirava vento e quando tira vento dall’interno è un gran casino. La maggior parte del tempo tira vento dal dal mare quindi da nord verso sud e quindi ti aiuta, ce l’hai a favore, quando invece cambia e il vento tira dall’interno porta sabbia e praticamente è un inferno, è veramente durissimo, mangi sabbia, respiri sabbia.
Queste sono delle montagne tipiche del deserto, c’erano i dromedari, i cammelli e mi facevano compagnia.

Più scendi verso sud e più trovi delle delle dune di sabbia, avevo campeggiato pensando di essere protetto e invece è stato durissimo, il vento va sotto la Duna e crea i mulinelli fortissimi, ho dovuto spostare la tenda.
Era uno dei miei più grandi pensieri perché il vento essendo sempre feroce ti porta via tutto.

Perché poi piantando la tenda con quel vento qualsiasi cosa vola via e viene coperto dalla sabbia è veramente.
Ho continuato poi verso la frontiera con la Mauritania iniziano tutti i campi di mine quindi dovevo starci attento per campeggiare.
Arrivati alla frontiera all’improvviso la strada si apre, ci sono queste torrette per tutta la lunghezza ed entri nella zona di stamp passaporti.
Lì c’era la persona addetta che ci ha fatto aspettare tantissimo.

Un giorno ho visto qualcosa quindi ho spinto la bici tantissimo e poi a un certo punto ho trovato questo lago essiccato enorme.
Non ci sono parole per descrivere l’emozione, senti la fatica, ti girano tantissime cose nella testa anche cose strane, ripensi tantissimo, pensi anche alle persone che ti vogliono bene.
Credo che il deserto sia una specie di purificatore d’animo perché tu riesci ad andare realmente dentro te stesso, ad ascoltarti, a sentire, a capire, a conoscerti meglio, ad esplorare delle zone di te che non sapevi nemmeno che esistessero realmente.
Io ero riuscito a trovare un bilanciamento con l’ambiente e me lo godevo, credo che se hai dei fantasmi, cioè cose che non riesci a superare, il deserto può darti lo spirito per farlo perché per forza li devi affrontare. Li devi per forza guardare in faccia perché non c’è altro da fare quindi sei solo con te stesso e l’ambiente.

Fino al Western Sahara sono stato benissimo, poi ho avuto dei momenti di sconforto giù in Mauritania perché le condizioni sono molto peggiorate, il paesaggio rimane più uniforme, più monotono e e quindi hai degli sbalzi d’umore importanti.

Il deserto è incredibile e sicuramente cercherò di ritornare e dico anche che, se avete in mente di fare un qualcosa con la bicicletta, prendete l’aereo arrivate Agadir e poi sparatevelo perché realmente fino in fondo sarà un’esperienza con voi stessi.
Il deserto ti mette alla prova, è durissimo però alla fine ti è amico, ti appiana ogni cosa dentro te stesso, è come un balsamo.
Lavora in tutte le sfere della tua emotività, le bilancia e le unisce e quindi tu raggiungi uno stato emozionale di piacere e di coscienza e consapevolezza con te stesso che credo non riusciresti mai ad avere. Apprezzi veramente la natura, il ritornare al nostro stato di uomini piccoli, semplici, siamo ospiti di questo pianeta veramente incredibile e il deserto ti ricollega alla terra e a te stesso.

Domande:

Vincenzo: Con quale bicicletta hai affrontato il viaggio?

La mia bicicletta è una Salsa Fargo che è una mountain bike da turismo che ho equipaggiato con un mozzo Rohloff interno alla ruota con la cinghia Gate Carbon Drive al posto della della normale catena.

Daniele: In tutti questi rettilinei infiniti non sarebbe meglio andare contromano come quando si va a piedi per vedere chi ti viene incontro?

Io penso che ti venga incontro veramente poca gente durante il giorno.
Fino a che sei nella parte Nord qualche macchina o camion la incontri, parliamo di una decina al giorno.
Poi a mano a mano che ti inoltri potrebbero passare giorni che non vedi persona.
Allora per un conto hai ragione, io poi all’ultimo pedalavo contromano perché con il vento non le senti le macchine quindi un paio di volte ho avuto paura.

Alessandro: Come era l’escursione termica tra notte e giorno? Approvigionamento idrico? E le stelle di notte?

Escursione termica tra giorno e notte era importante, più scendi e più c’è.
All’inizio del deserto, nella parte marocchina, il giorno potrebbe essere anche freschino perché il vento spira dal mare quindi porta il fresco, la notte ero sempre avviluppato nel sacco a pelo perché è freddo.
Poi quando scendi sotto che superi il Tropico del cancro il giorno inizia a fare veramente caldo, senti che l’aria è secca anche se stai vicino al mare e anche quando il vento spira dall’interno verso l’esterno che porta tutta la sabbia senti come un phon e la notte l’escursione termica ancora più è ancora più forte. Io credo che il giorno quando stavi sotto il Tropico del cancro 35° li faceva benissimo e di notte sui 7-8°.

Francesco: il peso complessivo della bici più carico quanto può arrivare? Trasmissione a cinghia super affidabile?

E peso complessivo della bici era di una sessantina di chili, però ti dico che non avevo l’esperienza che ho adesso, se dovessi fare un viaggio cambierei il settaggio, viaggerei con molto meno. Credo di averla già alleggerita tantissimo e credo che potrei alleggerirla ancora di più.
La cinghia è da valutare, la cinghia funziona molto bene il Rohloff ed è da verificare.
Hai una sensazione di guida stupenda, la manutenzione è molto più longeva rispetto ad una normale catena però tu devi essere in grado di fare le manutenzioni cambiare la cinghia non è difficile perché un il telaio è fatto appositamente per contenere la cinghia. Io penso che a per fare il deserto sia più indicata perché la parte meccanica è all’interno quindi non ha il problema della sporcizia, non c’è bisogno dell’olio e la sensazione di guida è bellissima perché tu senti il vento e il suono delle ruote sull’asfalto e sulla terra.