Lungo il Po in bicicletta: un fiume, mille paesaggi
28/10/2025 in Viaggi
Dal Monviso al Delta: il grande itinerario cicloturistico che attraversa l’Italia da ovest a est.
Pedalare lungo il corso del Po è come attraversare l’anima geografica e culturale dell’Italia. Dalle sorgenti ai piedi del Monviso fino alle lagune del delta veneto, il Ciclovia del Po si snoda per oltre 650 chilometri tra campi, borghi e città d’arte, offrendo un’esperienza adatta sia ai viaggiatori esperti sia a chi desidera affrontare il suo primo lungo viaggio su due ruote.
Il percorso segue in gran parte argini e strade secondarie, toccando tappe iconiche come Torino, Piacenza, Cremona, Mantova e Ferrara. Ogni tratto racconta una storia diversa: le risaie del Vercellese, i ponti storici del Basso Lodigiano, le oasi naturalistiche del Parco del Delta del Po, patrimonio UNESCO.
Lungo il tragitto non mancano punti di ristoro “bike friendly”, strutture ricettive con deposito bici e servizi dedicati ai cicloturisti. Sempre più comuni stanno aderendo al progetto “Po di Lombardia”, che punta a creare un’infrastruttura ciclabile continua e segnalata per valorizzare turismo sostenibile e mobilità dolce.
> “Viaggiare lungo il Po è come scoprire un’Italia lenta, autentica, fatta di incontri e paesaggi che cambiano al ritmo dei pedali”, racconta Marta, 32 anni, che ha completato l’itinerario in sette giorni.
Con la segnaletica in progressivo miglioramento e i collegamenti ferroviari che permettono di spezzare il viaggio, la Ciclovia del Po si conferma come una delle esperienze più affascinanti e accessibili per chi ama il cicloturismo italiano.
La rivoluzione silenziosa della bicicletta lenta
27/10/2025 in News
C’è un’Italia che non ha fretta. Non è quella delle autostrade o dei treni veloci, ma quella dei sentieri che si snodano tra vigneti, canali e vecchie strade bianche. È l’Italia che si riscopre in sella a una bici, viaggiando piano, respirando a fondo.
Il cicloturismo non è più una nicchia per sportivi: è diventato una filosofia di viaggio. E, senza fare troppo rumore, sta ridisegnando il modo in cui esploriamo il Paese.
Un Paese che si muove lentamente
Negli ultimi anni, sempre più amministrazioni locali hanno capito che la bici può essere un motore economico gentile: non inquina, porta persone, crea lavoro.
Dal Friuli alla Puglia, nascono piccoli assi ciclabili che collegano borghi, aziende agricole e parchi fluviali. Non serve per forza un grande progetto europeo: bastano dieci chilometri ben segnalati e qualche fontanella per trasformare un paese in una meta.
A Mantova, per esempio, una nuova ciclovia lungo il Mincio è diventata l’arteria di un micro turismo di prossimità. A ogni curva spuntano agriturismi, laboratori artigiani, perfino un vecchio mulino riconvertito in ostello per ciclisti.
Il turismo lento non solo rispetta i luoghi, ma li fa rivivere.
Il ritorno del ritmo umano
Pedalare impone un tempo che il mondo moderno ha dimenticato. In bicicletta si è abbastanza veloci da cambiare panorama, ma abbastanza lenti da notare i dettagli: un profumo di erba tagliata, una torre che sbuca tra i campi, un cane che abbaia dietro un cancello.
È un’esperienza fisica ma anche emotiva: la stanchezza diventa parte del viaggio, un modo per misurare la distanza tra te e il paesaggio.
Il nuovo lusso del viaggiare
Oggi il vero lusso non è arrivare lontano, ma vivere intensamente il tragitto.
E così il cicloturista moderno non cerca resort o grandi eventi: cerca silenzio, autenticità, accoglienza sincera. Cerca un sentiero sterrato dove perdersi senza paura.Forse è questa la vera rivoluzione: scoprire che la felicità può avere la velocità di una pedalata.Mentre il mondo corre, il cicloturismo rallenta. E in questo rallentare trova senso, equilibrio e futuro.La bici non è più solo un mezzo: è una chiave. Una chiave per riaprire l’Italia minore, quella che da secoli aspetta solo di essere attraversata di nuovo, lentamente.
Sul filo del vento: viaggio in bici lungo l’Appennino dimenticato
27/10/2025 in Viaggi
Non serve andare lontano per sentirsi in viaggio.Basta infilarsi in una valle dell’Appennino, là dove la linea del telefono si interrompe e i cartelli sembrano dimenticati dal tempo.
È lì che il cicloturismo mostra il suo lato più selvaggio: quello fatto di vento, di salite che non perdonano, di bar che chiudono alle sei ma dove il caffè ha ancora il sapore di casa.
Strade che raccontano
Parto da un piccolo paese dell’Emilia, la bici carica come un mulo. Il navigatore indica una traccia, una strada comunale che, a giudicare dalle buche, non vede manutenzione da un decennio.
Ma è perfetta così: silenziosa, sincera, piena di curve che insegnano a rallentare.
A ogni passo d’uomo c’è un segno di qualcosa che fu: una fornace abbandonata, un cartello arrugginito, un casolare che resiste.
L’Appennino è un museo a cielo aperto e la bici è il biglietto d’ingresso.
Pedalare dove il tempo si ferma
Quando la pendenza cresce, l’istinto è scendere e spingere. E va bene anche così: il cicloturismo non è una gara.
Un contadino mi saluta dal trattore, una vecchia mi offre dell’acqua davanti a casa. “Non passano più tanti come te”, dice. In quella frase c’è tutta la malinconia e la bellezza di questi luoghi dimenticati.
Il vento, intanto, cambia direzione: sembra spingerti, ma in realtà ti mette alla prova. È lui il compagno più fedele di chi viaggia in bici.
Piccole rinascite
In molti paesi dell’entroterra si stanno riaprendo locande, ostelli e botteghe. Piccoli presidi che vivono grazie ai ciclisti di passaggio.Non servono folle: bastano poche ruote, qualche storia, un po’ di curiosità.Dove arriva una bici, arriva anche un’idea di futuro.Il cicloturismo non è solo spostarsi: è un modo di abitare temporaneamente i luoghi.Sull’Appennino, ogni curva è una lezione di geografia e resistenza.E quando alla fine del giorno ti fermi, guardi il sole sparire dietro le montagne e senti il fruscio delle gomme che si raffreddano, capisci che il viaggio non è finito. Ha appena cominciato a cambiare te.
Viaggiare leggeri ma pronti a tutto: come preparare le borse per un viaggio in bici
26/10/2025 in Tecnica
Preparare le borse per un viaggio in bicicletta è un’arte che si affina con l’esperienza. Non basta riempirle: bisogna saper scegliere, distribuire e prevedere. L’obiettivo è trovare il punto di equilibrio tra libertà e necessità, tra il piacere del movimento e la sicurezza di avere con sé tutto ciò che serve.
L’ordine è la prima regola
Prima ancora di pensare al contenuto, bisogna organizzare lo spazio. Le borse posteriori sono il cuore del carico: ospitano i vestiti, il necessario per la notte e gli attrezzi principali. Quelle anteriori aiutano a bilanciare il peso, migliorando la stabilità della bici.
La borsa da manubrio è il piccolo quartier generale del viaggiatore: documenti, portafoglio, snack, occhiali, fotocamera. Tutto ciò che deve essere a portata di mano.
“Ogni volta che preparo la bici, mi ricordo una regola semplice: non devo mai dover svuotare tutto per trovare una sola cosa”, racconta Marta D., cicloturista che ha attraversato l’Italia da Trieste a Trapani. “Quando ogni oggetto ha il suo posto, il viaggio scorre meglio”.
Cosa portare davvero
La leggerezza è una forma di libertà. Meglio pochi vestiti tecnici, che si asciugano in fretta e si combinano tra loro, piuttosto che capi inutili. Due cambi per pedalare, uno per il tempo libero, un pile o una giacca antivento leggera.
Un piccolo kit di pronto soccorso, gli attrezzi base per le riparazioni, una borraccia di scorta e un po’ di cibo energetico completano l’essenziale. Tutto il resto può aspettare.
Molti cicloturisti scelgono anche una piccola borsa sottosella per oggetti di emergenza, utile se si affrontano tratti sterrati o zone isolate. L’importante è non superare mai il limite del necessario: una bici troppo carica è una bici meno divertente da pedalare.
Preparare è già partire
C’è un momento, la sera prima della partenza, in cui tutto è pronto. Le borse sono chiuse, la bici è lucida, la traccia GPS caricata. In quell’attimo si capisce che il viaggio è già iniziato, anche se le ruote non hanno ancora toccato l’asfalto.
Preparare le borse non è solo logistica: è un modo per entrare nello spirito del viaggio, per accettare che ogni oggetto scelto rappresenta una piccola decisione di libertà.
Ciclismo amatoriale nel caos: 67 organizzatori sostengono ACSI contro la FCI
25/10/2025 in News
La tensione nel mondo del ciclismo amatoriale italiano non accenna a diminuire. Dopo la sospensione della convenzione tra la Federazione Ciclistica Italiana (FCI) e l’ACSI, lo scorso weekend molte gare hanno subito disagi, lasciando ciclisti e organizzatori in balia dell’incertezza. In diversi casi, le quote d’iscrizione sono state restituite; in altri, i partecipanti hanno dovuto pagare una tessera giornaliera di 10 euro per poter correre.
A risentirne non sono solo i ciclisti, ma anche le società organizzatrici e gli operatori turistici collegati agli eventi, che temono danni economici e disorientamento tra i partecipanti. In assenza di chiarimenti da parte della Federazione, a farsi sentire sono stati gli stessi organizzatori affiliati ad ACSI.
In una mossa senza precedenti, ben 67 manifestazioni, pari a oltre il 70% degli eventi amatoriali organizzati in Italia, hanno firmato una lettera a sostegno dell’ente di promozione sportiva, chiedendo che la loro voce venga ascoltata dalla FCI.
La posizione degli organizzatori
Il comunicato firmato dagli organizzatori sottolinea il ruolo fondamentale di ACSI nel garantire qualità, sicurezza e trasparenza negli eventi ciclistici amatoriali e nelle Gran Fondo. “Da anni ACSI rappresenta un punto di riferimento insostituibile – si legge nella nota – per competenza tecnica, serietà organizzativa e capacità di dialogo con istituzioni locali, forze dell’ordine e strutture sanitarie”.
Il documento mette in evidenza come la sospensione della convenzione sia legata a presunte violazioni di clausole relative a gare superiori ai 120 km. Secondo gli organizzatori, però, da oltre cinque anni esisteva una deroga ufficiale, accettata dalle precedenti governance federali e mai contestata, che ha permesso lo svolgimento di importanti Gran Fondo in sicurezza.
“Questa decisione del nuovo consiglio federale ha prodotto conseguenze immediate: incertezza per le manifestazioni già programmate, danni economici, disorientamento tra i tesserati e difficoltà nella gestione dei servizi di sicurezza”, si legge nel comunicato. Gli organizzatori definiscono la scelta della FCI come un tentativo di spostare affiliazioni e tasse gara verso la Federazione, penalizzando chi lavora concretamente per la crescita dello sport.
Appello al dialogo e alla continuità
La lettera chiude con una richiesta chiara: la riattivazione immediata della convenzione tra FCI e ACSI e la garanzia di continuità per le manifestazioni già programmate. Gli organizzatori ricordano che sospendere l’attività dell’ente significherebbe colpire lo sport di base, le comunità e i singoli appassionati che rendono possibili ogni anno le gare amatoriali.
Tra le manifestazioni firmatarie figurano eventi di rilievo nazionale come la GF Loano, la GF Internazionale Laigueglia, la GF Michele Scarponi, la GF del Po, il Colnago Cycling Festival, la GF Gavia e Mortirolo, e molte altre.
Con questa presa di posizione, gli organizzatori lanciano un segnale forte alla Federazione: il ciclismo amatoriale italiano chiede chiarezza, continuità e rispetto per chi ogni giorno lavora per promuovere lo sport su strada e gravel.
La Via Silente: il Cilento che si scopre a pedali
24/10/2025 in Viaggi
Ci sono strade che si percorrono con le gambe, e altre che si vivono con il cuore. La Via Silente, nel Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, è entrambe le cose: un viaggio di 600 chilometri che unisce mare, montagne e paesi sospesi nel tempo. È uno dei percorsi cicloturistici più autentici e sorprendenti del Sud Italia, dove la bicicletta diventa chiave d’accesso a un mondo che resiste al rumore del turismo di massa.
Un anello tra cielo e mare
Il percorso parte da Castelnuovo Cilento e si snoda ad anello lungo 15 tappe. In sella si attraversano colline coperte d’ulivi, borghi medievali e valli che profumano di origano e mare. Si pedala accanto ai templi di Paestum, tra i canyon del Bussento e i silenzi del Monte Cervati, la vetta più alta della Campania.
Ogni tappa racconta un volto diverso del Cilento: la costa frastagliata di Marina di Camerota, il mistero delle grotte di Palinuro, le voci dei piccoli bar dove il caffè si serve ancora “alla napoletana”.
L’essenza del viaggio lento
La Via Silente non è una gara. È un invito alla lentezza, a riscoprire il viaggio come incontro. Chi la percorre sa che il tempo qui ha un ritmo diverso: quello del vento, delle ruote che girano sull’asfalto caldo, del sorriso di chi ti offre un bicchiere d’acqua o un piatto di fusilli al pomodoro appena colto.
Il percorso è ben segnalato e può essere affrontato anche con bici gravel o e-bike. L’associazione che lo gestisce fornisce tracce GPS, alloggi convenzionati e una “Silentina”, un passaporto simbolico da timbrare tappa dopo tappa.
Quando partire e cosa aspettarsi
Il periodo migliore va da aprile a giugno e da settembre a ottobre, quando le temperature sono miti e la natura esplode di colori. Non serve essere ciclisti esperti: la Via Silente si adatta a chiunque voglia mettersi alla prova, senza fretta.
Ogni salita è ricompensata da una discesa con vista mare, ogni fatica da un piatto genuino o da una notte stellata nel cuore del parco.
Un silenzio che parla
Alla fine del viaggio, si torna al punto di partenza con qualcosa in più: la consapevolezza che esiste un Sud autentico, fatto di persone, sapori e paesaggi che solo la lentezza della bicicletta sa svelare.
E quel silenzio, che dà il nome al percorso, resta dentro. Un silenzio pieno di vento, mare e memoria.
Cicloturismo per principianti: la libertà a pedali comincia da qui
23/10/2025 in Tecnica
C’è un momento, per ogni ciclista, in cui la semplice pedalata quotidiana si trasforma in qualcosa di più. Succede quando si sente il richiamo della strada, quando la bici diventa non solo un mezzo, ma un modo per scoprire il mondo con lentezza, respirando il paesaggio a ogni colpo di pedale. È allora che nasce il cicloturista.
Ma come si inizia? Quali errori evitare? E soprattutto: serve davvero essere allenati o spendere una fortuna in attrezzatura?
1. La bici giusta: non serve la più costosa, ma quella adatta a te
La prima grande verità del cicloturismo è semplice: la bici perfetta non esiste. Esiste quella giusta per te e per il tipo di viaggio che vuoi fare.
Chi pedala su strade asfaltate può optare per una bici da turismo o gravel, leggera e versatile. Chi sogna sterrati e sentieri può guardare a una mountain bike o a una e-bike trekking, perfetta per affrontare salite e lunghi tratti senza esaurirsi.
L’importante è la comodità: sella regolata, posizione rilassata, manubrio adeguato alla tua altezza. Meglio un modello di fascia media ben regolato che una bici da gara fuori misura.
2. L’arte del bagaglio leggero
Chi parte per la prima volta tende a portarsi dietro tutto. E sbaglia.
Nel cicloturismo vale la regola dei pochi ma buoni: due cambi tecnici, una felpa leggera, un k-way, un kit di riparazione base e qualche snack energetico. Tutto deve entrare nelle borse laterali, ben bilanciate.
Un buon consiglio è provare la bici carica prima di partire: qualche chilometro vicino casa per testare peso e stabilità. Scoprirai presto cosa è davvero indispensabile e cosa no.
3. Allenamento: comincia dal piacere, non dalla performance
Non serve essere atleti per iniziare. Bastano costanza e curiosità.
Comincia con giri brevi, anche solo di 20 o 30 chilometri, e aumenta progressivamente. L’obiettivo non è arrivare primi, ma imparare ad ascoltare il proprio corpo: capire quando fermarsi, bere, mangiare, riposare.
Il cicloturismo non è una gara, ma un ritmo personale che si accorda con il paesaggio.
4. Pianifica, ma lascia spazio all’imprevisto
Un itinerario ben scelto può trasformare un viaggio in un’esperienza memorabile.
Per i principianti, l’ideale è un percorso sicuro e ben segnalato, con poco traffico e possibilità di soste frequenti. Le ciclovie italiane come la Ciclovia del Sole, la Via Francigena o la Ciclabile del Garda sono perfette per iniziare.
Usa app come Komoot o Bikemap per pianificare tappe e dislivelli, ma ricordati che la bellezza del viaggio è anche perdersi un po’, deviare, fermarsi in un piccolo borgo o in una trattoria lungo la strada.
5. Sicurezza prima di tutto
Casco, luci anteriori e posteriori, giubbino riflettente: sono tre accessori non negoziabili.
Porta sempre con te una camera d’aria di scorta, una mini-pompa e un multitool. E se viaggi da solo, avvisa sempre qualcuno del tuo percorso o condividi la posizione in tempo reale.
Un cicloturista prudente è un cicloturista libero di godersi la strada.
6. Scegli il ritmo giusto (e non avere paura di fermarti)
Il fascino del cicloturismo sta nella lentezza. Non serve “macinare chilometri”, ma vivere ogni chilometro.
Una sosta per un caffè in un bar di paese, una deviazione per una foto, una chiacchierata con altri viaggiatori: sono queste le tappe che rendono il viaggio indimenticabile.
Impara a rallentare, e scoprirai che la vera meta non è l’arrivo, ma la strada stessa.
7. La community dei cicloturisti: una famiglia su due ruote
Uno degli aspetti più belli del cicloturismo è la sua comunità.
Dai gruppi Facebook alle associazioni locali, dalle ciclovie organizzate agli eventi come il Bike Travel Forum, troverai persone pronte a condividere esperienze, tracce GPS e consigli.
Non serve partire da soli: esistono tanti tour organizzati, weekend collettivi o esperienze di gruppo perfette per chi vuole cominciare in compagnia.
In sella alla libertà
Iniziare a fare cicloturismo non significa cambiare vita, ma cambiare modo di guardarla.Ogni viaggio in bici è un piccolo atto di libertà: un passo verso l’essenziale, un ritorno al ritmo naturale delle cose.E quando, alla fine del primo viaggio, guarderai la strada percorsa, scoprirai che il vero traguardo non era la meta, ma la decisione di partire.
La scienza della pedalata: come migliorare l’efficienza senza spingere di più
22/10/2025 in Tecnica
Nel cicloturismo, l’obiettivo non è vincere una gara: è arrivare lontano, con piacere e costanza. Eppure, la tecnica della pedalata è spesso trascurata, come se contasse solo il chilometraggio. In realtà, una pedalata efficiente è il vero segreto per macinare giorni e salite senza affaticarsi inutilmente.
Il primo concetto da comprendere è l’economia del gesto. Non si tratta solo di forza, ma di fluidità. Ogni rotazione completa del pedale deve essere un movimento armonico, continuo, quasi circolare. I ciclisti professionisti parlano di “pedalata rotonda”: spingere in avanti e verso il basso, ma anche recuperare energia nella fase di risalita, tirando leggermente con il piede opposto. Con l’uso dei pedali a sgancio, questa meccanica diventa più naturale e, una volta assimilata, riduce sensibilmente il consumo energetico.
Cadenza e controllo
Il ritmo ideale di pedalata non è universale. Gli studi biomeccanici indicano che, per la maggior parte dei cicloturisti, un range tra 80 e 90 pedalate al minuto permette di mantenere il miglior equilibrio tra potenza e resistenza. Cadenze più basse affaticano la muscolatura, mentre quelle troppo alte fanno salire il battito senza reali vantaggi. L’obiettivo è trovare quella “zona neutra” dove il respiro è regolare e le gambe scorrono leggere.
Per affinare la tecnica, serve ascolto del corpo e, se possibile, un piccolo supporto tecnologico: un sensore di cadenza Bluetooth o ANT+, ormai disponibile anche per bici da viaggio. Non serve essere ossessionati dai numeri, ma conoscerli aiuta a costruire consapevolezza.
Posizione e biomeccanica
La pedalata parte dalla sella, non dal piede. Un’altezza o un arretramento errato della sella può compromettere tutta la catena del movimento. Troppo bassa? Si perde potenza e si stressano le ginocchia. Troppo alta? Il bacino oscilla e la schiena ne risente. Una semplice regola empirica suggerisce che, con il tallone sul pedale nel punto più basso, la gamba debba risultare quasi distesa.
Anche il posizionamento delle tacchette (se presenti) influisce sull’efficienza. Un errore di pochi millimetri può alterare l’allineamento delle ginocchia e generare fastidi dopo molte ore.
Allenare la leggerezza
La tecnica non si improvvisa: si costruisce. Inserire brevi sessioni di pedalata focalizzata per esempio 10 minuti a cadenza costante, cercando la massima fluidità può trasformare la qualità di un viaggio. Non serve più potenza: serve intelligenza meccanica.
Come diceva Bernard Hinault, cinque volte vincitore del Tour de France:“La forza non serve se la perdi in un colpo di pedale.”
La manutenzione intelligente: la tecnica del cicloturista moderno
22/10/2025 in Tecnica
Ogni cicloturista, prima o poi, affronta la stessa domanda: quanto devo saper fare da solo?
La risposta è semplice: abbastanza da non dipendere da nessuno, ma non così tanto da portarsi dietro un’officina.
Il concetto chiave è manutenzione preventiva. La bici è un sistema complesso, ma estremamente onesto: segnala in anticipo quando qualcosa non va. Il cicloturista esperto impara a riconoscere quei segnali, e a intervenire prima che diventino un problema.
La regola delle cinque ispezioni
Prima di ogni viaggio — o almeno una volta a settimana durante un lungo tour — conviene eseguire un check rapido in cinque punti:
1. Trasmissione – catena pulita, lubrificata, senza “salti” tra i pignoni.
2. Freni – pastiglie integre e cavi (o tubi) in buono stato.
3. Ruote – nessun gioco nei mozzi, centratura visiva corretta.
4. Copertoni – pressione adeguata e nessun taglio o rigonfiamento.
5. Bulloneria – controllare a vista eventuali viti lente su portapacchi o manubrio.
Questi pochi minuti valgono ore di tranquillità su strada.
L’attrezzatura minima
Il cicloturista moderno non viaggia più con la borsa piena di chiavi a brugola. Oggi esistono multitool compatti, pompe con manometro integrato e kit di riparazione tubeless o camere d’aria in pochi grammi.
L’essenziale è:
multitool con smagliacatena,
due leve copertone,
camera o toppa,
mini-pompa o CO₂,
un paio di fascette e un pezzetto di nastro telato (i veri salvavita del viaggiatore).
Ma il vero strumento resta la conoscenza. Saper cambiare una camera, regolare un cambio o stringere un bullone non è solo una competenza tecnica: è una forma di libertà.
Tecnologia e sensibilità
Molti cicloturisti oggi viaggiano con bici dotate di cambi elettronici, freni a disco idraulici e mozzi dinamici. È il segno dei tempi. Ma la tecnologia non sostituisce la sensibilità: un rumore diverso, una vibrazione insolita, un clic anomalo restano i migliori indicatori di qualcosa che non va.
La manutenzione intelligente non è mania: è rispetto. Per la bici, ma anche per il viaggio. Ogni chilometro senza intoppi è frutto di un gesto tecnico fatto prima di partire.
Come dicono i meccanici dei team professionistici: “La bici non si rompe mai per caso. Si rompe per disattenzione.”
Pedalare tra i borghi fantasma d’Italia: il fascino del silenzio”
21/10/2025 in News
C’è un’Italia che non compare sulle mappe turistiche, fatta di paesi abbandonati, sentieri dimenticati e strade che si perdono tra boschi e calanchi. Per i cicloturisti, è un invito irresistibile: la possibilità di pedalare nella storia, tra rovine e paesaggi sospesi nel tempo.
Uno degli itinerari più suggestivi parte da Fabbriche di Careggine, in Garfagnana, il borgo sommerso dal lago artificiale di Vagli. Quando l’acqua viene prosciugata per manutenzione, il villaggio riemerge come un miraggio medievale. Da lì si può proseguire verso Campocatino, un antico alpeggio incastonato tra le rocce, con una vista che spazia fino al mare Tirreno.
Anche nel Sud, il silenzio ha il suo fascino. In Basilicata, la Strada dei Borghi Abbandonati collega Craco, Pisticci Vecchio e Aliano, il paese di “Cristo si è fermato a Eboli”. Sterrati polverosi, discese vertiginose e paesaggi quasi lunari: un percorso che è al tempo stesso avventura e riflessione.
Pedalare tra i borghi fantasma non è solo un viaggio nel passato, ma una scoperta del presente: la lentezza, il contatto con la natura e la capacità di ascoltare ciò che resta quando tutto il resto è sparito.









