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Cioccolato: storia ed aspetti nutrizionali

14/11/2016 in Alimentazione, Tecnica

ll cioccolato, alimento derivato dai semi di cacao, è stato definito nel corso della sua lunga storia come “cibo degli dei”, e fin dalle sue prime fasi (600 d.c.-1200 d.c.  presso i Maya e gli Aztechi, e 1500-1700 d.c. presso gli spagnoli, gli olandesi e i francesi) ha suscitato notevole interesse economico, alimentare e scientifico: a sottolinearne da sempre la sua peculiarità e preziosità. Infatti viene a tutt’oggi sempre più apprezzato da una grossa fascia di consumatori, per numerose ragioni: le stesse origini storiche, l’alone mistico, le proprietà nutrizionali, nonché il potenziale edonistico/terapeutico. Tutto ciò ha contribuito a farne un componente dietetico assai affascinante, attrattivo e discusso, al punto che la sua materia prima si è sicuramente meritato secondo il parere di celebri scienziati il nome pomposo di Teobroma, letteralmente “bevanda di  Dio”, dato dai botanici del 1700 (Carlo Linneo, 1734).

STORIA DEL CIOCCOLATO

La nascita della pianta di cacao si dice sia nella Terra degli Olmechi (bassipiani del Sud del Messico) nel 1500 a.C., che è una data riconosciuta convenzionalmente. Come a molti è noto, la scoperta “ufficiale” del cacao si deve a Cristoforo Colombo (1502), che portò i semi di questa pianta tropicale al re Ferdinando di Spagna, ma non furono apprezzati né considerati come alimento. L’esploratore Hernando Cortèz, il primo ad aver assaggiato il cioccolato e ad aver creato la prima piantagione di cacao in Messico (1519), al contrario intuì le proprietà soprattutto energetiche di tale specialità. Grazie allo stesso Cortèz che l’importò in Europa (1521), in Spagna si iniziò la preparazione della bevanda al cacao ed il suo consumo presso l’aristocrazia, modificando l’antica ricetta degli Aztechi, poiché molto amara, con l’aggiunta prima di spezie piccanti e successivamente di zucchero e cannella o vaniglia. Il commercio del cacao fu dominato dagli olandesi ed il primo cioccolato da masticare apparve a Londra nel 1647. Ma la grande diffusione del cioccolato si è avuta in Europa nel 1800, con la creazione in Svizzera nella fabbrica di Vevey (1819) del prototipo della barra di cioccolato, e nel 1825 con l’ottenimento del cacao solubile in polvere da parte l’olandese Van Houten, senza il burro di cacao.  Tuttavia la bevanda che Cristoforo Colombo e poi Hernando Cortèz avevano conosciuto in America Latina era qualcosa di completamente diverso da quello che noi attualmente chiamiamo “cioccolata”. La Xocoatl, preparata dai Maya, era costituita da un succo denso e amaro ottenuto dai semi di cacao arrostiti e frantumati con cilindri di pietra, diluiti con acqua e aromatizzati poi con peperoncino polverizzato.

ASPETTI NUTRIZIONALI

Tralasciando le diverse fasi proprie del ciclo tecnologico del cioccolato (lavorazione delle fave di cacao e lavorazione della pasta di cacao per ottenimento del cioccolato destinato al consumo), va detto che esso, così come oggi consumato, è uno dei prodotti alimentari più complessi e lunghi da preparare, e la sua produzione industriale passa attraverso una serie di operazioni specifiche da cui si ottiene invariabilmente, a partire dai semi o fave, la pasta di cacao e da questa, per pressatura, il burro di cacao e la polvere di cacao. Questi vengono quindi mescolati con zucchero e latte in proporzioni variabili per ottenere i tre tipi fondamentali di cioccolato: fondente, al latte, bianco. Come è facilmente intuibile dalla stessa materia prima, dalla tecnologia di produzione e dalla recente normativa europea che disciplina e definisce il cioccolato come “il prodotto ottenuti da prodotti di cacao e zuccheri, contenente almeno il 35 % di sostanza secca totale di cacao, almeno il 18% di burro di cacao e non meno del 14% di cacao secco sgrassato”, le proprietà nutrizionali dell’alimento in oggetto identificano complessivamente un profilo lipo-glicidico che, seppur poco dietetico ossia ipercalorico, si può definire senza dubbio nutrizionalmente nobile, tale da non demonizzarlo o escluderlo da un sano e corretto regime alimentare.

Più nel dettaglio, date le caratteristiche specifiche del prodotto (puro ed al latte), a nostro parere, risulta importante sottolineare alcuni aspetti essenziali  generali del cioccolato:
1. l’elevato apporto calorico in rapporto al peso ed al volume (540-560 kcal/100 g di prodotto, alta densità energetica), che lo rende molto utile per razioni d’emergenza e di sostegno per lunghe prestazioni fisiche;
2. bassissimo tenore d’acqua (2%), che ne consente una facile e lunga conservazione;
3. medio contenuto in proteine (dal 6,5% per il puro al 7,5% per quello al latte), ed buon livello di proteine di alto valore biologico per quello al latte;
4. alto contenuto in zuccheri semplici (dal 49% al 50%), che rende conto del suo alto valore energetico;
5. alto contenuto in lipidi di origine vegetale (dal 33,5 al 36,5%), con contenuto medio di acidi grassi saturi pari al 21% e contenuto medio di acidi grassi monoinsaturi pari all’ 11% del prodotto, ma con una buona composizione acidica o qualità dei grassi, come si dettaglia al punto seguente;
6. basso contenuto in acidi grassi saturi molto aterogeni quali acido laurico e acido miristico (cont. inferiore all’1%), alto contenuto in acidi grassi saturi poco aterogeni quali acido palmitico e acido stearico (risp. pari a 9% e a 11% con acido stearico C18 pari al 30% dei lipidi totali) ed alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi dai noti effetti protettivi sulla salute cardiovascolare come l’acido oleico (pari a 11% e al 34% dei lipidi totali);
7. bassissimo contenuto in colesterolo (da 0 nel fondente a 10 mg % in quello al latte) e quantità elevate d steroli vegetali(sitosterolo, campisterolo, stigmasterolo), utili nel favorire la riduzione dell’assorbimento del colesterolo alimentare (esogeno), grazie ad un’azione antagonistica nei confronti di quest’ultimo;
8. buon  contenuto dei macroelementi calcio, magnesio e fosforo (pari rispettivamente in media a 160, 55 e 180 mg % nel prodotto finito), soprattutto nel cioccolato al latte;
9. buon contenuto degli oligoelementi rame, manganese e ferro, solo per il cioccolato fondente, mentre in quello  al latte, per effetto dell’aggiunta dello stesso, si riducono i contenuti % degli stessi, in particolare del ferro;
10. contenuto in vitamine ben rappresentato, sia per le idrosolubili (B1, B2, B6, C), sia per le liposolubili (A, D, E), soprattutto nel cioccolato al latte;
11. contenuto in polifenoli antiossidanti (flavonoidi e tannini) dal significato biologico di grande importanza, perché dotati di proprietà intermedie tra quelle nutrizionali e quelle preventive/curative (nutraceutici) e perché rilevati essere composti efficaci in grado di limitare il rischio di stress ossidativo;
12. presenza di sostanze endogene ad azione psicoattiva (metilxantine, tiroxina, anandamide e feniletilammina),importanti per i loro effetti neurofisiologici, poiché rendono conto del valore antidepressivo, ossia dei noti effetti positivi sull’umore e sulla memoria, nonché dell’effetto euforizzante, stimolante le percezioni sensoriali e di riduzione del senso di fatica (effetti psicoattivi simili alle catecolammine);
13. proporzione favorevole di alcaloidi ad attività farmacologica (metilxantine), ossia prevalenza di  teobromina a bassa attività su caffeina molto attiva e su teofillina dall’effetto diuretico, aspetto utile per gli effetti benefici di queste sostanze, in piccole quantità, sul sistema nervoso centrale, cardiovascolare e respiratorio.

Tra le pur positive proprietà nutrizionali sopra riportate va comunque sottolineato in primis il notevole apporto calorico (540 kcal) di una tavoletta da 100 gr di un normale cioccolato fondente, superiore all’apporto energetico di 100 g di pasta al pomodoro (400 kcal circa), tenendo conto del fatto che i prodotti comunemente disponibili in commercio, contengono una quantità molto variabile di cacao mentre spesso rivelano quantità elevate di grassi e di zuccheri. Quindi, anche se è innegabilmente piacevole mangiarlo, bisogna stare sempre attenti agli eccessi ed avere molta moderazione, in accordo alle raccomandazioni dietetiche della comunità medico-scientifica internazionale.

Funzionalità e salute dell’intestino

13/06/2016 in Alimentazione, Tecnica

Sappiamo che in un’attività come la corsa l’intestino può essere sottoposto a uno stress non indifferente, è quindi preferibile conoscere le dinamiche di quest’organo e quali possono essere i rimedi per prevenire determinate problematiche e cali prestativi con il passare dei mesi di preparazione. La flora batterica intestinale è composta da esseri viventi piccolissimi con dimensioni nell’ordine del millesimo di millimetro. Anche se non li possiamo vedere ad occhio nudo, i batteri sono ovunque, nel nostro corpo e in tutto l’ambiente che ci circonda. 

La flora intestinale funziona come difesa, capace di modificare l’ambiente intestinale e renderlo sfavorevole alla proliferazione degli agenti patogeni.

Nell’arco della vita la flora non rimane sempre stabile, ed è composta da batteri “buoni” come i generi Lactobacillus e Bifidobacterium, batteri cattivi come Pseudomonas aeruginosa, Staphylococcus, Clostridium, Proteus, Veillonella, e batteri neutri che diventano nocivi solo in determinate condizioni Escherichia coli, enterococchi, streptococchi, Bacteroides, Eubacterium.

In condizioni fisiologiche, i microrganismi nocivi sono “controllati” dall’intera flora batterica positiva. Da sottolineare che in seguito a terapia antibiotica, stile di vita frenetica, attività fisica intensa e prolungata possono prevalere i batteri cattivi sui buoni. Anche l’alimentazione o malnutrizione possono incidere sulla composizione e le attività della flora intestinale.

Vi elenco di seguito alcune regole per favorire l’efficienza della flora batterica intestinale:

1. mantenere una corretta alimentazione e cercare di eliminare le condizioni che hanno determinato l’alterazione.

2. Utilizzo di probiotici, cioè dall’integrazione per via orale di “batteri amici” capaci di arrivare vivi e vitali nell’intestino dopo aver superato le barriere costituite dai succhi gastrici e dalle secrezioni digestive e capaci, se assunti regolarmente, di influenzare positivamente l’ecosistema intestinale ad esempio assumendo quotidianamente uno yogurt meglio se bianco con aggiunta di frutta fresca o secca.

Un malfunzionamento della flora batterica intestinale per errate abitudini alimentari e troppo stress ossidativo può portare l’organismo dell’atleta e non solo, a incorrere in problematiche e disturbi dell’intestino. Una di queste problematiche è sicuramente “la Stitichezza”oppure il colon irritabile.

La stitichezza (o stipsi) è un disturbo oggi molto diffuso in tutte le fasce d’età. Per prevenire e combattere la stipsi è necessaria una dieta ad alto contenuto in fibre. Sia di natura non solubile che aiuta la defecazione, ossia velocizza il passaggio del cibo attraverso lo stomaco e l’intestino sia quella fibra solubile, invece, è utile per limitare l’assorbimento di glucidi, lipidi e colesterolo.

Gli alimenti maggiormente ricchi di fibra alimentare sono: legumi secchi come ceci, lenticchie, fagioli, piselli, fave  e cereali integrali come pane integrale, pasta integrale, frutta e verdura

È importante ricordare inoltre di assumere almeno 8 bicchieri di acqua al giorno (circa 1.5-2.0 litri al giorno) per utilizzare al meglio il potere benefico della fibra nei confronti del transito intestinale e quindi per aiutarci a prevenire la stitichezza. Poiché spesso la stitichezza si accompagna ad alterazione della flora batterica intestinale, l’assunzione di probiotici è particolarmente utile per contenere fenomeni di gonfiore da eccessiva fermentazione e al tempo stesso per impedire l’eventuale insediamento di microrganismi non appartenenti all’ecosistema fisiologico, promuovendo un corretto transito intestinale.

Inoltre consiglio

frutta e verdura: devono essere sempre presenti in abbondanza sulla tavola. Consumare almeno 5 porzioni di frutta o verdura al giorno. Ad esempio: spremuta o succo di frutta al mattino; un frutto come spuntino e frutta e verdura ai pasti; almeno 200 grammi di verdura e 200 grammi di frutta sia a pranzo che cena. Preferire, alla sola pasta o riso in brodo, minestroni o passati di verdura

legumi: consumarli almeno 2-3 volte alla settimana. Alternandone il consumo: piselli, ceci,

lenticchie, fagioli, fave

cereali integrali: imparare a consumare pane, pasta, cracker, biscotti e fette biscottate integrali

A conclusione si può sicuramente affermare che non possiamo tralasciare la cura dell’intestino in quanto è un organo importante per l’ottimale funzionale del nostro organismo, pesante che il peso dei nostri batteri supera il peso del cervello… Quindi se vogliamo migliorare le nostre prestazioni e allenarci al meglio, raggiungendo gli obiettivi prefissati è opportuno non solo curare la preparazione, ma anche e soprattutto l’alimentazione ed eventuale integrazione per migliorare le funzionalità .

Tutta la verità sui cibi Biologici e Locali

23/05/2016 in Alimentazione, Tecnica

Nel momento in cui acquistiamo frutta o verdura ci siamo mai chiesti quanto costa a  madre Natura, nel corso del suo ciclo vitale, quello specifico alimento? Che impatto ambientale ha? Da quanto lontano arriva e quando è stata colta?

Capisco benissimo che non è domanda così scontata da porsi ma credo che sia opportuno fare alcune  riflessioni.

Il cibo biologico, privo di additivi chimici e pesticidi vari, ci garantisce un doppio beneficio: tutela la nostra salute e, nel contempo, rispetta l’ambiente; spesso però dobbiamo sapere quando realmente conviene.. I cibi “Bio” nella maggior parte  dei casi sono migliori, ma tenendo conto anche del benessere delle finanze andiamo a scoprire quando realmente  ne dobbiamo ricorrere.

Scegliamo ad esempio, i prodotti biologici  per tutti quei i cibi che consumiamo  in grandi quantità  e quotidianamente soprattutto quando parliamo di frutta con la buccia molto sottile, quindi facilmente penetrabile dalle sostanze tossiche

Per quanto riguarda l’elenco degli alimenti più a rischio e quelli più sicuri..

l ’Enviromental  Working Group l’ente per la sicurezza alimentare ha elencato gli alimenti più sicuri e quello da cui stare attenti

I vegetali ad esempio con più pesticidi sono in ordine decrescente: mele, sedano peperoni, pesche, fragole, uva, cetrioli, ed infine patate.

Troviamo i cereali integrali che  proprio nella parte più esterna dei chicchi si accumula la quantità maggiore di pesticidi.

Alcuni alimenti per cui  non vale la pena comprare  Biologico sono ad esempio:

le cipolle, mais, ananas, cavolo, piselli, melanzane e i kiwi

Dal punta di vista nutrizionale, esistono differenze tra i prodotti di agricoltura biologica e quelli convenzionali.  Alcune ricerche hanno addirittura dimostrato che negli alimenti biologici è presente un maggior contenuto in vitamina soprattutto la Vitamina A e C , antiossidanti e Sali minerali come Magnesio e Potassio. Tuttavia, la ragione per cui il cibo biologico dovrebbe comparire regolarmente sulle nostre tavole non dovrebbe essere solo perché sono con il termine “cibi biologici” si definiscono generalmente gli alimenti più salutari, ma anche perché contribuiscono alla difesa dell’ambiente e del paesaggio, aiutando perfino a preservare la cultura e le tradizioni dei bellissimi luoghi che compongono il nostro Paese.

Di fondamentale importanza, l’acquisto di prodotti locali,  KM 0…

Da un punto di vista nutrizionale la principale chiave di lettura dei prodotti vegetali “locali”  sta nei tempi di trasporto ridotti.

Questi prodotti, raccolti al momento giusto e subito messi in commercio, sono in grado di garantirci un profilo nutrizionale migliore per via della mancata diminuizione dello spettro vitaminico di Sali minerali e spesso il sapore più gustoso, ma non solo…

Uno studio in particolare indica che, se una famiglia scegliesse solo prodotti locali e/o di stagione, il risparmio netto annuale relativo alle emissioni di CO2  potrebbe arrivare a 1000 chili.

In termini monetari circa  80 ai 100 euro a mese.

Passiamo ora all’analisi di un concetto chiave: l’impronta carbonica.

Una costante richiesta delle associazioni dei consumatori è quella di etichettare i prodotti con la loro impronta carbonica, ovvero sulla quantità di  CO2  emessa durante il suo ciclo vitale.

Ad esempio il risultato per ogni bottiglia di vino da 750 ml il valore dell’impronta carbonica è di 2,02 kg ripartiti in questo modo: per un terzo in costi per le attività commerciali come il trasporto, un terzo per la produzione del vetro e per il confezionamento ed il terzo finale per l’uso dei concimi e del gasolio per i vari macchinari.
Un altro concetto, utile alla nostra causa, è quello del food miles ed è nato nel 1990 nel Regno Unito.
E ‘stato ideato da Andrea Paxton, che ha scritto un documento di ricerca il quale ha utilizzato il termine per descrivere la distanza che il cibo percorre dalla fattoria dove si produce alla cucina in cui è consumata.
In media, il cibo viaggia tra 4.000 km ogni volta che viene consegnato al consumatore.
La distanza percorsa dai prodotti è aumentata del 25% nel 2007 rispetto al 1980.
E’ stato calcolato che in territorio italiano un alimento, prima di arrivare a tavola, percorre in media 2 mila kilometri.
Se una famiglia, consumasse prodotti a km 0 il risparmio annuale sarebbe di circa 1000 kg di anidride carbonica.
Quello che posso consigliare al momento è di fare la spesa dai contadini locali!
Il guadagno sarà doppio: salute personale e ambiente che ci circonda ci ringrazieranno !!!

Alimentazione e cervello

29/04/2016 in Alimentazione, Tecnica

Il cervello umano è un organo potente, ma per farlo funzionare bene occorre fornirgli il carburante migliore una dieta bilanciata ricca di carboidrati , proteine e grassi buoni insieme ad altri nutrienti. Quindi ragazzi per studiare meglio e riuscire nei vostri esami, seguite queste dritte!!

Si tratta di alimenti che possono migliorare la concentrazione, rafforzare la memoria, e incrementare la lucidità mentale. Se tenete alla salute e all’integrità della vostra “materia grigia”, un’ assunzione di questi cibi  si rivela quindi una buona idea.

I  cibi migliori per la mente sulla base delle evidenze della ricerca scientifica, sono:

1) pesce azzurro di mare (sgombro, sardina, alice, aringa, pesce spada ecc.), ricchissimo di acidi grassi della serie omega 3, essenziali per il buon funzionamento del sistema nervoso.

2) noci, anche loro contenenti omega 3 e quindi buona alternativa al pesce per i vegetariani. Le noci hanno anche quantità interessanti di vitamina E, altro nutriente del cervello e antiossidante.. Consumatele come spuntino, 2-3 alla volta, e sceglietele di qualità: non devono avere il guscio troppo chiaro (vorrebbe dire che sono state sbiancate chimicamente), né essere irrancidite (assaggiatele prima di acquistarle), devono essere integre e l’interno non deve essere secco (scuotetene una e verificate che non si senta alcun rumore);

3) pomodoro, il cui contenuto dell’antiossidante licopene – oltre che di vitamina C – lo rende prezioso per il buon funzionamento del cervello, e anche per la salute della mente e della pelle

4) uova, il cui tuorlo contiene colina, necessaria alle membrane cellulari e alla trasmissione degli impulsi nervosi. La colina è indispensabile anche per lo sviluppo cerebrale del feto e del bambino. Il tuorlo è inoltre ricco di vitamina E;

 4) acqua. Stupisce i più, ma anche una leggera disidratazione (di alcune ore) può far calare le capacità del cervello, comprese quelle di apprendimento. Quindi ragazzi non scordatevi di bere!!) 

Inoltre vi ricordo i principali microelementi indispensabili per la concentrazione e memoria Zinco. Fonti vegetali: tutti i cereali e i legumi, frutta oleosa. Tra gli ortaggi: carote, cavolo verde, sedano, spinaci. Fonti animali: carne e pesce in generale (acciughe, polipo, seppie, ostriche).

  • Ferro. Fonti vegetali: Legumi, pomodori essiccati, radicchio verde, rucola, tarassaco, spinaci, foglie di rapa, germe di frumento, muesli, fiocchi d’avena, semi oleosi e frutta secca. Fonti animali: Fegato, carne in generale, pesce (ostrica, cozza, mormora, scorfano, pagello).
  • Magnesio. Fonti vegetali: Cereali integrali, legumi, semi oleosi, bieta, spinaci, carciofi, zucchine, banane. Fonti animali: Formaggi stagionati (grana, pecorino), pollo, tacchino, bresaola, uova.
  • Colina. Verdure (in particolare lattuga e cavolfiore); come lecitina si trova nel tuorlo d’uovo (ricco inoltre di fosfatidilserina, utile per la memoria), cereali e legumi (soia).
  • Inositolo. Agrumi, cereali integrali, noci, semi oleosi e legumi.
  • Non mi resta che mandarvi un grande in bocca al lupo

Le mandorle

08/04/2016 in Alimentazione, Tecnica

Un leggenda vuole che tra la corteccia e i fiori del suo albero  si nasconda l’anima della principessa Filide, che morì di dolore per la mancanza del suo Acamante, da lei creduto morto nella guerra di Troia. Fu allora la compassione di una dea a trasformare la ragazza nella pianta che oggi vediamo, e le lacrime di Acamante vennero trasformate in fiori. Ma la notorietà del mandorlo è dovuta soprattutto al suo prezioso seme: la mandorla, basti pensare che durante il Medioevo l’olio di mandorle  era più frequente dell’olio d’oliva in cucina. Le mandorle sono una ricca fonte di fibre, proteine, grassi buoni e protettivi per il cuore, ma contengono anche alte concentrazioni di  antiossidanti, vitamine e minerali, che rendono questi alimenti davvero unici. Generalmente consiglio sempre il consumo di mandorle come spuntino.
Sono cosi preziose perché contengono sia i grassi monoinsaturi che tendono a  ridurre il colesterolo LDL, sia la vitamina E ad alto potere potere antiossidante. Inoltre, 100g di mandorle apportano 860 mg di di potassio, che aiuta a prevenire l’ipertensione, 4,6 mg di ferro, 508 mg di fosforo e 48 µg di folati totali.

Alcuni studi (Women Health Study e Nurses’ Study), testimoniano che la sostituzione di una porzione di zuccheri complessi con frutta secca ha portato ad una riduzione del rischio di malattie cardiache del 30 per cento.

Il tè è una tazza di vita.

15/03/2016 in Alimentazione, Tecnica

Il The verde iniziò ad essere utilizzato ben 3.000 anni fa in Cina, numerose testimonianze rivelano che veniva usato per guarire il mal di testa,  per eliminare le tossine e  preservare la giovinezza. Ma nessuno dopo di loro, dette tanta importanza a questo infuso, fino a quando, pochi anni fa quando numerose ricerche scientifiche  hanno dimostrato i suoi numerosi benefici.

Ma cosa contiene di così benefico?

In primis troviamo le catechine, molecole in grado di migliorare alcune malattie e diversi disturbi dell’organismo. In test di laboratorio è stato dimostrato che alte concentrazione di questa sostanza aiutano a diminuire i livelli di colesterolo nel sangue e a mantenerlo dentro i parametri considerati normali. Il tè verde contiene poi l’amminoacido teatina, alcuni flavonoidi chiamati teaflavine e tearubigine ad azione antiossidante, più potenti anche della vitamina C ed E; ha quindi effetti anti- cancerogeni , anti-invecchiamento e azione probiotica. Infine  troviamo teobromina, tannini e fluoruro.

Andiamo adesso a scoprire alcuni  recentissimi studi recentissimi che illustrano le doti di questa bevanda:

Effetto del The verde sul controllo glicemico

Le osservazioni sul possibile ruolo del tè verde nel controllo della glicemia sono molte e spesso contraddittorie. Questa ricerca ha valutato tutti gli studi nei quali i partecipanti avevano consumato regolarmente tè verde, con o senza caffeina, per almeno 3 settimane.

Ne è emerso un importante effetto di riduzione della glicemia a digiuno in tutti i soggetti indipendentemente dal sesso, dall’età, dall’etnia, dall’assunzione abituale di caffeina, dallo stato di salute dei soggetti esaminati.
E’ possibile che tale effetto del tè verde sia attribuibile, almeno in parte, ai polifenoli (nominati precedentemente), che secondo studi recenti possiederebbero un’azione inibitoria sull’attività degli enzimi amilasi intestinali: effetto che rallenta la degradazione degli zuccheri quindi la conseguente risposta glicemica.

Il metodo migliore per ottenere la quantità maggiore di catechine in una tazza di The verde è quello dell’infusione, facendo riposare il tutto per 5 minuti prima di bere. Inoltre per non distruggere parte dei principi attivi,de è consigliato che l’acqua che si versa nella tazza o nella teiera (secondo il metodo scelto) non sia bollente, ma qualche grado inferiore (circa 80°C).
Valido anche per altre bevande: non bere liquidi molto caldi, meglio tiepidi. È importante segnalare che anche se il The verde ha un gran numero di benefici , ha anche un contenuto di caffeina elevato che, se assunto il elevate dosi,  può causare ansia e nervosismo. L’ eccesso di The verde può inoltre aumentare la diuresi provocando disidratazione. Se si assume a digiuno e in maniera troppo concentrata può provocare nausea e vomito. Per tutti questi motivi è importante un consumo controllato. La dose raccomandata è da 1 a 2 tazze da 250 cc al giorno.

 

Composizione chimica Valore per 100 g
Parte edibile
Acqua (g) 9,3
Proteine (g) 19,6
Lipidi (g) 2
Colesterolo (mg) 0
Carboidrati disponibili (g) 3
Amido (g) 0
Zuccheri solubili (g) 3
Alcol (g) 0
Energia (Kcal) 108
Energia (kJ) 450
Sodio (mg) 45
Potassio (mg) 2160
Ferro (mg) 15,2
Calcio (mg) 30
Fosforo (mg) 630

Più pesce contro il rischio cardiovascolare

04/03/2016 in Alimentazione, Tecnica

Più pesce contro il rischio cardiovascolare ed in particolare contro lo scompenso cardiaco

Il rischio di scompenso cardiaco costituisce un importante problema di salute che sembra poter essere modulato,  almeno in parte, sia dallo stile di vita sia da alcuni cibi che possono essere consumati.  Infatti livelli di assunzione elevati di acidi grassi omega-3 sono stati associati sia alla riduzione dell’infiammazione sistemica, sia allo stress ossidativo che al miglioramento della funzionalità cardiaca e muscolare. Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che il consumo di pesce e di acidi grassi polinsaturi può influenzare favorevolmente la patogenesi delle malattie cardiache. Riporto quindi uno studio interessante nel quale sono state analizzate 84493 donne in menopausa.

A tali donne sono stati registrati per 10 anni  (tramite dei questionari)  i livelli di consumo di pesce, le diverse modalità di preparazione (al forno/alla griglia o fritto), l’apporto di acidi grassi omega-3 e di acidi grassi trans assunti con la dieta.

Dall’analisi dei risultati emerge innanzitutto una forte correlazione tra il numero di porzioni settimanali di pesce al forno o alla griglia e la riduzione del rischio di scompenso, che è massima per coloro che ne consumavano 5 o più porzioni. Al contrario è stato evidenziato che il rischio di scompenso risulta aumentato in modo dose- dipendente in relazione ai livelli di assunzione di pesce fritto consumato per 1 o più porzioni alla settimana

Possiamo quindi concludere che queste osservazioni suggeriscono l’effetto protettivo in donne in menopausa, con alto rischio cardiovascolare, del consumo elevato di pesce al forno e alla griglia, ma non del pesce fritto.

Alimentazione negli sport di resistenza e potenza

18/02/2016 in Alimentazione, Tecnica

Sappiamo ormai tutti che una corretta alimentazione garantisce una buona prestazione, ma esistono varie  DIFFERENZE TRA SPORT e sport

Una dieta ottimale deve fornire i componenti necessari e coprire il fabbisogno energetico; questo include:

  • la necessità di riparare i tessuti
  • provvedere alla risintesi di alcune macromolecole
  • consentire l’accrescimento

Esistono grandi differenze tra le attività sportive in termini di dispendio energetico. Ad esempio, per un’ascensione di due giorni sul Monte Bianco occorrono circa 9000 kcal, una tappa alpina al Giro di Francia può richiedere ben 6000 kcal in una giornata, una gara di triathlon circa 5000 kcal. Quando i consumi energetici sono così elevati è obiettivamente difficile che il soggetto sia in grado di pareggiare il dispendio energetico con l’assunzione di alimenti. Tuttavia, la regola del pareggio va rispetta anche se questo si realizza in un tempo più lungo. In presenza di deficit nell’apporto calorico, il soggetto perde peso, a scapito soprattutto della massa grassa, ma perde anche struttura proteica muscolare.

Sport di resistenza.

Negli sport di resistenza il principale combustibile è rappresentato dai grassi*. Di questi esiste normalmente grande disponibilità nell’organismo, viceversa sono relativamente limitate le scorte di zuccheri. Questi ultimi sono presenti nei muscoli e nel fegato come un polimero chiamato glicogeno (circa 200 g nei muscoli e altrettanto nel fegato) e come glucosio libero nel sangue (alla concentrazione di circa 0.1g /dl). Anche durante una prova di resistenza (maratona, gita in montagna) si ha sempre, a fronte di una preferenziale utilizzazione dei grassi, un certo uso di zuccheri. Inoltre, malgrado i muscoli dispongano di una certa quota di substrato, devono ricorrere anche a substrato che proviene dal sangue.

Ad esempio per un esercizio che duri 3 ore, circa l’86% del consumo di ossigeno va ad ossidare grassi e glucosio proveniente dal plasma (50% e 36% rispettivamente), solo il 14% serve per ossidare substrato già presente nel muscolo. Il caso comune è quello della carenza di zuccheri che si manifesta con il quadro dell’ipoglicemia. Per questo motivo, è importante reintegrare le scorte di zuccheri. L’ipoglicemia comporta una sintomatologia tipica: estremo affaticamento, nausea, obnubilamento, cefalea. Questa condizione va prevenuta, introducendo zuccheri*** per compensare le perdite. Spesso, oltre al depauperamento degli zuccheri, si pone il problema della disidratazione. In questo caso è utile assumere ogni 20 min. circa 100-120 ml di una bevanda che contiene glucosio alla concentrazione dello 3-5% e sali in concentrazione tale da compensare quelli persi con il sudore. Quando l’organismo si avvicina alla condizione ipoglicemica mette in atto nel fegato una via metabolica particolare che, a partenza dall’aminoacido ramificato alanina, consente la sintesi di glucosio.

Sport di forza

Vediamo ora il caso di soggetti che si dedicano ad attività prevalentemente di forza. In questo caso il problema principale è legato al fatto che l’allenamento di questo tipo induce ipertrofia muscolare ed è quindi necessario fornire all’organismo un apporto proteico che consenta la deposizione di nuova matrice proteica. Le proteine** provengono dalla carne, dal formaggio, dal latte, dai cereali (grano duro) e da alcuni legumi (fagioli, piselli, lenticchie, ceci). La necessità media, in termini di apporto proteico, è di 1g per kg di peso al giorno. Sollevatori di pesi, culturisti, ginnasti tendono ad assumere anche 3 g/kg al giorno. Le ricerche di fisiologia su questo argomento non confermano questa necessità. Sorprendentemente, le necessità di apporto proteico sono leggermente superiori negli atleti che si dedicano a prove di resistenza i quali coprono tranquillamente 20-30 km al giorno in allenamento.

Additivi…dacci un taglio!!

27/01/2016 in Alimentazione, Tecnica

Vi sveliamo da quali ingredienti è  meglio stare  alla larga e quali invece innocui e sicuri…
Ti sei mai chiesto quanti additivi mangi in un anno?  Più di 5 chilogrammi!!

Una ricerca inglese spiega che quasi il 75% della nostra dieta è costituito da alimenti in qualche modo trattati industrialmente…le sostanze chimiche possono annidarsi anche in prodotti dall’aspetto più innocente e quindi come difendersi?

Alcuni semplici consigli per districarsi nei meandri del supermercato

“E “come evitare?
A fianco di molti additivi da guardare con sospetto, ce ne sono altrettanti che invece, sono sicuramente innocui.
Quelli di derivazione naturale non presentano alcun problema come ad esempio la clorofilla colorante verde (E140) i carotenoidi giallo(E160) o la riboflavina( E101).
Quelli da cui ti conviene stare alla larga sono gli additivi sintetizzati unicamente per via industriale ad esempio

E 122 Azorubina  E 102 Tartrazina per la colorazioni gialle.

Evita i Polifosfati E 452 con la sola funzione di aumentare la concentrazione di acqua in prosciutto cotto o formaggi, gli esaltatori di sapidità E 621 presenti in patatine o dadi da brodo, i nitriti e nitrati(E250-251) impiegati come conservanti per salumi.

Troviamo poi i coloranti come il caramello, noto in alcune bevande zuccherate, ma la lista non finisce qui…ci sono gli ADDENSANTI, GELIFICANTI, STABILIZZANTI con nomi talvolta anche molto complessi, che si trovano oramai nella maggior parte dei prodotti alimentari..

Orto-fosfati
Acido alginico e i suoi Sali (Na-, K-, CA-, NH4-)
Propilenglicole alginato
Farine di semi di carrube e di guar
Gomma arabica, adragante, xantano, tara
Amidi e amidi modificati

Per un’ alimentazione ADDITIVE-FREE…
Controlla sempre le etichette, evitando quelli con colori troppo “sgargianti”
Cerca di limitare il consumo di prodotti in scatola o pronti, dolcificanti (preferisci il miele)..
Stai alla larga da caramelle e gommoni, preferisci del buon cioccolato fondente
Evita margarina e preferisci olio extravergine di oliva

Portare alla bocca una tazza di caffe’ fumante

14/01/2016 in Alimentazione, Tecnica

Portare alla bocca una tazza di caffe’ fumante e’ un gesto comune soprattutto in Italia, ma pochi forse conosceranno l’origine e la sua storia.

Una curiosa leggenda narra, secondo la quale un monaco del  Monastero Chehodet nello Yemen avendo saputo da un pastore di nome Kaldi che le sue capre ed i suoi cammelli si mantenevano “vivaci” anche di notte se mangiavano certe bacche, preparo’ con queste una bevanda nell’ intento di restare sveglio per poter pregare piu’ a lungo.

Quali sono le proprietà nutritive del caffè? Quali le controindicazioni al suo consumo? E perché il caffè è tanto celebrato e amato, soprattutto in alcuni paesi tra i quali l’Italia?

Studi scientifici e ricerche sul caffe’ si sono susseguiti sempre con maggiore frequenza, fino a raggiungere risultati atti a dimostrare le multiple reazioni che il caffe’ provoca sull’organismo umano. Dal punto di vista nutritivo il caffe’ non e’ un alimento indispensabile per il nostro organismo. Tuttavia, alcune sostanze in esso contenute provocano effetti benefici negli organi. Naturalmente, come per ogni alimento, e’ necessario non farne abuso e non consumarne una quantita’ smoderata, se non si vogliono ottenere inconvenienti dovuti all’abuso.

Una tazzina di caffe’ contiene circa 5 cg. di caffeina e la sua azione eccitante, che si protrae da una a due ore dopo averla bevuta, agendo sul sistema nervoso cerebro-spinale, provoca un risveglio delle facolta’ mentali, allontana la sonnolenza, la noia, la stanchezza, anche quella psichica, gli stati depressivi, potenzia le capacita’ della memoria, dell’apprendimento, dell’intuizione e della concentrazione, facilita la percezione degli stimoli sensoriali, attenua le cefalee e le emicranie in genere.

Ed il cappuccino?

Analizzando gli ingredienti base, possiamo quindi affermare che un cappuccino non zuccherato fornisce circa 80 calorie all’organismo.

Naturalmente, l’apporto energetico di un cappuccino dolcificato, aumenta rispetto alla controparte amara.

L’associazione tra latte e caffè forma sostanze che necessitano di molto tempo per essere digerite. La schiuma di latte potenzia questa caratteristica rendendo il cappuccino meno digeribile rispetto a un semplice caffelatte dal momento che è una bevanda che stimola una ipersecrezione dello stomaco, sopratutto a digiuno. Il cappuccino, quindi  ha la proprietà di bloccare l’appetito in modo non fisiologico e corretto perchè l’acido tannico del caffè a elevata temperatura si combina con la caseina, proteina del latte,dando origine al tannato di caseina,composto chimico difficile da digerire. La migliore soluzione? Prendere in modo separato latte leggermente riscaldato e una tazzina di caffè .