Viaggiare leggeri, pedalare lontano: l’arte del cicloturismo minimalista
30/12/2025 in News
C’è un momento, prima di ogni viaggio in bicicletta, in cui la domanda è sempre la stessa: “Mi serve davvero tutto questo?”. È il momento in cui si impara che il cicloturismo non è accumulo, ma sottrazione. Viaggiare leggeri non è una moda, è una filosofia.Negli ultimi anni il cicloturismo minimalista ha conquistato sempre più adepti. Bikepacking, borse compatte, assetti essenziali: l’obiettivo non è battere record, ma guadagnare libertà. Meno peso significa più agilità, meno fatica, più piacere di guida. E soprattutto, più spazio mentale.
Ridurre l’equipaggiamento costringe a fare scelte consapevoli. Ogni oggetto deve avere una funzione chiara. L’abbigliamento diventa versatile, la tecnologia discreta, il superfluo viene lasciato a casa. È un esercizio che va oltre la bici e finisce per influenzare anche il modo di viaggiare e di vivere.Dal punto di vista pratico, il minimalismo apre nuove possibilità. Percorsi sterrati, sentieri, tratti tecnici diventano accessibili. Le bici sono più maneggevoli, i trasporti più semplici, anche l’improvvisazione è più facile. Si può deviare all’ultimo momento, fermarsi dove capita, cambiare programma senza stress.
Ma c’è anche un aspetto narrativo. Un viaggio leggero è un viaggio più esposto. Meno barriere tra il ciclista e l’ambiente, meno comfort artificiali, più contatto diretto con il caldo, il freddo, la pioggia. Non è masochismo: è presenza. Ogni giornata diventa memorabile perché vissuta fino in fondo.
Naturalmente, viaggiare leggeri non significa viaggiare impreparati. Significa conoscere i propri limiti, pianificare con intelligenza, affidarsi alla qualità più che alla quantità. Una buona manutenzione della bici, un kit di emergenza essenziale, una rete di accoglienza lungo il percorso fanno la differenza.
Il cicloturismo minimalista è anche una risposta ai ritmi frenetici del quotidiano. In un mondo che spinge a possedere sempre di più, scegliere di partire con l’essenziale è un atto controcorrente. La bici, in questo senso, diventa uno strumento di semplificazione.
Alla fine del viaggio, ciò che resta non è quello che si è portato, ma quello che si è incontrato. Strade, volti, silenzi, fatica e soddisfazione. Tutto il resto pesa troppo, anche quando non è nelle borse.
L’Italia vista dal sellino: perché il cicloturismo è il modo migliore per scoprire il Paese
30/12/2025 in News
C’è un’Italia che sfugge ai finestrini dei treni ad alta velocità e ai parabrezza delle auto. È un’Italia fatta di strade bianche, borghi silenziosi, profumi di pane caldo e salite che obbligano a rallentare. È l’Italia che si scopre in bicicletta, chilometro dopo chilometro, con il tempo necessario per osservare e capire.
Negli ultimi anni il cicloturismo non è più una nicchia per appassionati, ma un vero fenomeno culturale e turistico. Secondo i dati più recenti, i viaggiatori su due ruote generano miliardi di euro l’anno e scelgono sempre più spesso itinerari italiani. Il motivo è semplice: pochi Paesi al mondo offrono una tale concentrazione di paesaggi, storia e gastronomia in spazi relativamente ridotti.
Pedalare in Italia significa passare, nello stesso giorno, da una costa marina a un entroterra collinare, da una ciclabile lungo fiume a un centro storico medievale. La bici diventa così uno strumento di esplorazione lenta, capace di restituire profondità ai luoghi. Non si “attraversa” un territorio: lo si vive.
Un altro elemento chiave è la rete, in costante crescita, delle ciclovie nazionali e regionali. Dalla Ciclovia del Sole alla Via Francigena in versione bike, dalla Alpe Adria alla Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese, l’Italia sta finalmente investendo in infrastrutture pensate per chi viaggia senza motore. Non solo asfalto e segnaletica, ma servizi: bike hotel, officine, trasporti integrati, accoglienza diffusa.
Ma il vero valore aggiunto resta l’incontro umano. Il cicloturista non arriva di corsa, non consuma e scappa. Si ferma, chiede informazioni, entra nei bar di paese, dorme in strutture familiari. È un turismo che redistribuisce ricchezza e valorizza le aree interne, spesso escluse dai flussi tradizionali.Dal punto di vista ambientale, poi, la bicicletta è una risposta concreta al bisogno di viaggiare in modo più sostenibile. Riduce l’impatto, educa al rispetto del territorio e cambia il modo stesso di percepire le distanze. Dieci chilometri in bici non sono un numero: sono una sequenza di sensazioni, di suoni, di dettagli.Il cicloturismo non è solo sport, né solo vacanza. È un modo di guardare il mondo. E l’Italia, vista dal sellino, non è mai stata così bella.
La nuova età dell’oro del cicloturismo: perché sempre più viaggiatori scelgono la bici
29/12/2025 in News
Negli ultimi dieci anni il cicloturismo è passato da nicchia per appassionati a fenomeno strutturale del turismo europeo. Non si tratta più soltanto di “vacanze in bicicletta”, ma di un modo diverso di viaggiare: lento, consapevole, profondamente legato ai territori attraversati. I numeri lo confermano: secondo i dati dell’European Cyclists’ Federation, il cicloturismo genera oggi miliardi di euro all’anno e cresce a un ritmo superiore rispetto al turismo tradizionale.
Ma cosa spinge sempre più persone a scegliere la bici come mezzo principale di esplorazione?
La prima risposta è culturale. In un’epoca segnata dall’iper-velocità e dall’overtourism, la bicicletta rappresenta una forma di resistenza gentile. Pedalare significa recuperare il tempo, attraversare i luoghi senza consumarli, osservare i dettagli che dall’auto o dal treno restano invisibili. Il cicloturista non “visita” una destinazione: la attraversa, la respira, la vive.
C’è poi una motivazione ambientale sempre più forte. La crescente consapevolezza climatica ha reso la bici un simbolo concreto di mobilità sostenibile. Molti viaggiatori non cercano più solo paesaggi belli, ma esperienze coerenti con i propri valori. In questo senso, il cicloturismo risponde perfettamente alla domanda di turismo responsabile: impatto ridotto, economie locali coinvolte, stagionalità più ampia.
Un altro fattore chiave è l’evoluzione dell’infrastruttura. In tutta Europa e Italia compresa le ciclovie si moltiplicano: ex ferrovie riconvertite, argini fluviali, strade bianche di campagna. Percorsi come la Ciclovia del Danubio, la Loire à Vélo o la Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese dimostrano che la qualità dell’esperienza non dipende dalla difficoltà tecnica, ma dalla continuità del tracciato e dai servizi dedicati.
Anche la tecnologia ha fatto la sua parte. L’avvento delle e-bike ha abbattuto molte barriere, rendendo il cicloturismo accessibile a un pubblico più ampio: famiglie, viaggiatori senior, persone meno allenate. La bicicletta elettrica non ha “snaturato” il viaggio lento, ma lo ha reso inclusivo, ampliandone le possibilità.
Infine, c’è una motivazione più intima, difficile da misurare ma evidente a chi pedala per giorni: il senso di libertà. Viaggiare in bici significa portare con sé solo l’essenziale, affidarsi al proprio ritmo, accettare l’imprevisto. È un’esperienza che mette alla prova, ma restituisce molto: autonomia, fiducia, memoria duratura dei luoghi.
Il cicloturismo non è una moda passeggera. È il segnale di un cambiamento profondo nel modo di concepire il viaggio. E, forse, anche il tempo.
Strade bianche, borghi e silenzi: perché l’Italia minore è il paradiso del cicloturismo
29/12/2025 in News
C’è un’Italia che raramente finisce sulle copertine delle guide turistiche, ma che si rivela straordinaria a chi la percorre in bicicletta. È l’Italia delle strade bianche, dei borghi fuori rotta, delle colline senza traffico e delle vallate dove il silenzio è ancora parte del paesaggio. Un’Italia che il cicloturismo non solo attraversa, ma valorizza.
Pedalare lontano dalle grandi direttrici significa riscoprire territori rimasti ai margini del turismo di massa. Qui la bici diventa lo strumento ideale per entrare in relazione con i luoghi: abbastanza veloce da coprire distanze significative, abbastanza lenta da fermarsi davanti a una fontana, un forno, una piazza.
Le strade bianche rappresentano l’emblema di questa esperienza. Non sono solo un fondo stradale, ma un invito alla calma. Attraversano campagne coltivate, crinali panoramici, zone agricole dove il paesaggio è il risultato di secoli di equilibrio tra uomo e natura. Percorrerle in bici significa accettare un ritmo più umano, fatto di polvere, luce e fatica moderata.
I borghi, spesso considerati “minori”, diventano tappe fondamentali del viaggio cicloturistico. Qui il ciclista non è un cliente frettoloso, ma una presenza riconoscibile. Un caffè al bar, una richiesta d’acqua, una cena in trattoria bastano per creare un contatto. È in questi scambi che il viaggio acquista profondità, trasformandosi in racconto.
Dal punto di vista economico, il cicloturismo rappresenta una risorsa concreta per le aree interne. A differenza del turismo mordi-e-fuggi, il ciclista si ferma più a lungo, spende in modo diffuso, viaggia anche in bassa stagione. Piccole strutture ricettive, agriturismi e B&B trovano in questo tipo di viaggiatore un ospite attento e rispettoso.
Non va però idealizzato tutto. Molte zone hanno un potenziale enorme ma mancano ancora servizi essenziali: segnaletica, manutenzione dei percorsi, accoglienza bike-friendly. La sfida dei prossimi anni sarà proprio questa: trasformare l’Italia minore in una rete cicloturistica coerente, senza snaturarne l’identità.
In fondo, il vero valore del cicloturismo in Italia sta qui: nella possibilità di raccontare il Paese da una prospettiva laterale. Non quella delle cartoline, ma quella delle strade secondarie. Quelle che, spesso, sono le più memorabili.
Viaggiare piano: perché il cicloturismo sta cambiando il modo di esplorare l’Italia
28/12/2025 in News
C’è un’Italia che non si vede dal finestrino di un’auto né dall’oblò di un treno ad alta velocità. È l’Italia delle strade bianche, dei borghi senza insegne luminose, dei bar che aprono all’alba per chi lavora la terra. È un’Italia che si scopre pedalando. Ed è anche il motivo per cui il cicloturismo, negli ultimi anni, è passato da nicchia per appassionati a fenomeno culturale ed economico in crescita costante.
Secondo i dati più recenti sul turismo outdoor, il viaggio in bicicletta intercetta un pubblico sempre più ampio: non solo sportivi allenati, ma famiglie, viaggiatori solitari, over 60 e giovani in cerca di esperienze autentiche. La bicicletta diventa così uno strumento di esplorazione lenta, sostenibile e sorprendentemente profonda.
La bici come chiave di lettura del territorio
Il cicloturista non attraversa i luoghi: li abita, anche solo per un giorno. La velocità ridotta consente di cogliere dettagli che sfuggono ad altri mezzi: un filare di cipressi che segue l’andamento di una collina, l’odore del pane appena sfornato, il silenzio di una valle secondaria lontana dalle rotte principali.
È questa prossimità con il territorio a rendere il cicloturismo diverso da ogni altra forma di viaggio. Non si tratta solo di muoversi in modo ecologico, ma di costruire una relazione con lo spazio attraversato. Ogni salita richiede rispetto, ogni discesa restituisce fiducia. La fatica diventa parte integrante del racconto.
Un’economia che pedala
Oltre alla dimensione personale, il cicloturismo ha un impatto concreto sulle economie locali. A differenza del turismo mordi e fuggi, chi viaggia in bici tende a fermarsi più a lungo, a dormire in strutture diffuse, a mangiare nei ristoranti del posto, a servirsi di artigiani e negozi locali.
Molti piccoli comuni, soprattutto nelle aree interne, stanno riscoprendo il valore della bicicletta come leva di sviluppo. Nascono ciclovie, servizi bike-friendly, ostelli e agriturismi attrezzati per accogliere chi arriva con le borse montate sul portapacchi. Non grandi opere, ma infrastrutture leggere, spesso realizzate recuperando ferrovie dismesse e strade secondarie.
Non serve essere eroi
Uno dei miti da sfatare è che il cicloturismo sia riservato a pochi temerari. In realtà, oggi esistono itinerari per ogni livello, dalla gita di un weekend ai viaggi di più settimane. L’avvento delle biciclette a pedalata assistita ha ulteriormente ampliato il pubblico, rendendo accessibili percorsi che un tempo richiedevano allenamento specifico.
Più che la prestazione, conta la capacità di adattamento: saper gestire il tempo, accettare un cambio di programma, ascoltare il proprio corpo. In bici si impara presto che non tutto è sotto controllo, ed è proprio questo a rendere il viaggio memorabile.
Raccontare il viaggio, non solo percorrerlo
Il cicloturismo è anche una forma di narrazione. Ogni viaggio genera storie: incontri casuali, imprevisti risolti con l’aiuto di sconosciuti, paesaggi che restano impressi più di una fotografia. Sempre più cicloturisti scelgono di raccontare queste esperienze attraverso blog, diari e reportage, contribuendo a creare una cultura condivisa del viaggio lento.
In un’epoca dominata dalla velocità e dalla sovraesposizione digitale, la bicicletta propone una piccola rivoluzione silenziosa: tornare a misurare le distanze con il corpo, il tempo con la luce del giorno, il valore di un luogo con le emozioni che lascia.
Forse è anche per questo che, una volta iniziato, il cicloturismo difficilmente resta un’esperienza isolata. Diventa un modo diverso di guardare il mondo. E, spesso, di restarci un po’ più a lungo.
SUV parcheggiato sulla ciclabile: un’ora di caos e ciclisti bloccati nel cuore della città di Treviso
27/12/2025 in News
Un SUV parcheggiato sulla pista ciclabile è bastato per mandare in crisi la mobilità nel cuore della città. È successo nei giorni scorsi in una delle zone centrali più frequentate, dove la ciclabile rappresenta un asse fondamentale per chi si sposta in bicicletta, dai pendolari urbani ai cicloturisti di passaggio. L’auto, lasciata in sosta vietata proprio sulla corsia riservata alle due ruote, ha bloccato completamente il transito, creando disagi e situazioni di pericolo per oltre un’ora.
I ciclisti, impossibilitati a proseguire, sono stati costretti a scendere sulla carreggiata stradale, condividendo lo spazio con le auto in un punto già congestionato. Ne sono nati rallentamenti, proteste e momenti di tensione, mentre il traffico subiva un effetto a catena che ha coinvolto anche altri mezzi. Una scena che racconta bene quanto sia fragile l’equilibrio della mobilità urbana quando non vengono rispettate le regole di base.
Sul posto sono intervenute le forze dell’ordine, ma dell’autista del SUV nessuna traccia. Solo dopo più di un’ora il conducente si è presentato, trovando però una situazione ormai compromessa. Per lui è scattata la multa per divieto di sosta, raddoppiata per l’occupazione della pista ciclabile, oltre al costo della rimozione forzata. Il totale della sanzione ha superato i 300 euro.
L’episodio ha spinto il Mom, associazione impegnata nella tutela della mobilità sostenibile, ad annunciare la volontà di procedere con una denuncia per interruzione di pubblico servizio. Secondo l’associazione, non si tratta di una semplice infrazione stradale, ma di un atto che impedisce il funzionamento di un’infrastruttura pubblica essenziale. Le piste ciclabili, sottolineano, non sono spazi opzionali o di cortesia, ma vere e proprie vie di comunicazione.
Per il mondo del cicloturismo, situazioni come questa rappresentano un segnale negativo. Le città sono spesso tappe obbligate o punti di partenza dei viaggi in bicicletta e la presenza di ciclabili sicure e libere è fondamentale per garantire continuità e sicurezza agli itinerari. Un’auto parcheggiata abusivamente non è solo un disagio momentaneo, ma un fattore che mina la fiducia di chi sceglie di viaggiare in modo sostenibile.
Resta la speranza che episodi del genere contribuiscano ad aumentare l’attenzione sul rispetto delle infrastrutture ciclabili e sulla loro importanza. Una ciclabile libera non è un favore ai ciclisti, ma una condizione necessaria per una città più ordinata, sicura e accogliente anche per chi la attraversa pedalando.
Alghero–Bosa: la Sardegna in bicicletta tra mare, vento e silenzio
26/12/2025 in Viaggi
Ci sono strade che sembrano disegnate apposta per essere percorse in bicicletta. La provinciale 105 che collega Alghero a Bosa è una di queste. Poco più di 45 chilometri affacciati sul Mediterraneo, considerati da molti ciclisti non solo italiani tra i tratti costieri più belli d’Europa. Un percorso che non è soltanto un itinerario cicloturistico, ma un’esperienza sensoriale completa, dove il paesaggio detta il ritmo della pedalata.
Una partenza tra storia e luce
Si parte da Alghero, città catalana di Sardegna, con le sue mura sul mare e le strade lastricate che al mattino profumano di caffè e salsedine. Lasciato il centro storico alle spalle, la strada comincia subito a salire dolcemente, segnale chiaro che il percorso non sarà una semplice passeggiata. Il traffico, soprattutto fuori stagione, è contenuto, e dopo pochi chilometri il rumore delle auto lascia spazio al vento.
La costa che non concede distrazioni
Il tratto centrale del percorso è il cuore dell’esperienza. La strada si arrampica e scende seguendo le pieghe della costa, senza centri abitati intermedi, senza bar, senza deviazioni. Solo asfalto, mare e macchia mediterranea. È una Sardegna aspra e autentica, lontana dalle spiagge affollate, dove il blu del mare cambia tonalità a ogni curva e le scogliere calcaree precipitano verso l’acqua.
Dal punto di vista ciclistico, il percorso è impegnativo ma accessibile: continui saliscendi, pendenze mai estreme ma costanti, che richiedono una buona gestione dello sforzo. Non è una strada da “tutto e subito”, ma da interpretare, lasciando spazio alle soste e allo sguardo.
Il vento, compagno inevitabile
Qui il vento non è un dettaglio, ma un protagonista. Il maestrale soffia spesso deciso, soprattutto nei mesi primaverili ed estivi, e può trasformare il percorso in una sfida fisica e mentale. Affrontarlo fa parte del gioco: chi pedala in Sardegna lo sa. In compenso, l’aria pulita e il cielo limpido regalano una visibilità straordinaria, soprattutto nelle giornate terse, quando lo sguardo sembra spingersi oltre l’orizzonte.
Arrivo a Bosa, premio finale
Dopo l’ultimo strappo, la strada inizia a scendere verso la valle del Temo, l’unico fiume navigabile della Sardegna. Bosa appare all’improvviso, colorata e verticale, con le case pastello che risalgono la collina dominata dal Castello di Serravalle. È un arrivo che ripaga ogni fatica.
Il centro storico invita a fermarsi: una passeggiata lungo il fiume, un piatto di cucina locale, un bicchiere di Malvasia. Qui il cicloturismo incontra il tempo lento, quello che permette di assaporare davvero il viaggio, non solo di archiviarlo su un ciclocomputer.
Quando andare e per chi è il percorso
Il periodo migliore per affrontare la Alghero–Bosa va da marzo a giugno e da settembre a ottobre, quando le temperature sono miti e il traffico ridotto. In estate è percorribile, ma il caldo e il vento richiedono maggiore attenzione, così come una buona scorta d’acqua: lungo il percorso non ci sono fontane né punti di ristoro.
È un itinerario adatto a ciclisti allenati o a cicloturisti con esperienza, ideale con bici da strada o gravel. Non è una ciclabile, ma una strada vera, da percorrere con consapevolezza e rispetto.
Un manifesto del cicloturismo sardo
La Alghero–Bosa non è solo una delle strade più belle della Sardegna: è un manifesto del potenziale cicloturistico dell’isola. Spazi ampi, natura dominante, traffico contenuto e una forte identità territoriale. Pedalare qui significa riscoprire il senso del viaggio in bicicletta: fatica, bellezza e silenzio, senza filtri.Un percorso che non si dimentica facilmente. E che, una volta fatto, chiama sempre a tornare.
Da Linate a Paullo in bicicletta: prende forma la Linea 7 del Biciplan metropolitano
25/12/2025 in News
Un nastro d’asfalto pensato per le due ruote sta ridisegnando la mobilità dell’area sud-est milanese. È la Linea 7 del Biciplan metropolitano “Cambio”, una pista ciclabile lunga 17 chilometri che, una volta completata, consentirà di pedalare dall’aeroporto di Linate fino a Paullo attraversando Peschiera Borromeo, Mediglia e Colturano. Un progetto ambizioso, dal valore complessivo di circa 11 milioni di euro, che avanza secondo programma.
La Città Metropolitana di Milano, ente capofila dell’intervento, fa sapere che i cantieri sono stati consegnati lungo tutta la tratta e che i lavori risultano conclusi o in fase avanzata in tutti i Comuni coinvolti. Un segnale concreto di un’opera che non resta sulla carta, ma che sta diventando infrastruttura reale, visibile e utilizzabile.
A Peschiera Borromeo, ad esempio, ampi tratti del percorso sono già stati realizzati, restituendo alla città nuove connessioni ciclabili. Anche a Mediglia il cronoprogramma viene rispettato: qui è stata completata e collaudata con esito positivo la passerella ciclo-pedonale in corrispondenza delle “Quattro strade”, un nodo strategico per la sicurezza e la continuità del tracciato. A Colturano, invece, la nuova pista avrà anche una funzione di “ricucitura” urbana, mettendo in collegamento il centro storico con la frazione di Balbiano e superando una separazione sentita da anni.
Secondo il consigliere delegato alle piste ciclabili della Città Metropolitana, Marco Griguolo, la Linea 7 rappresenta un tassello fondamentale di una visione più ampia: un’infrastruttura sicura e integrata, realizzata nel rispetto delle scadenze del PNRR, capace di incentivare la mobilità dolce e ridurre l’impatto ambientale degli spostamenti quotidiani. Non solo trasporto, dunque, ma anche qualità della vita e salute.
Dello stesso avviso il sindaco di Colturano, Giulio Guala, che sottolinea il valore della collaborazione istituzionale. Per il suo Comune, la pista ciclabile è un’opera attesa da tempo, oggi finalmente visibile, che promette di unire le diverse parti della comunità attraverso un percorso protetto e accessibile.
La Linea 7 si inserisce nel più ampio disegno del Biciplan “Cambio”, una rete ciclabile metropolitana che, a regime, supererà i 750 chilometri di estensione. Un progetto che punta a cambiare il modo di muoversi nell’hinterland milanese, un colpo di pedale alla volta.
Tra oceano e scogliere: in bicicletta lungo la costa dell’Algarve
24/12/2025 in Viaggi
Se il Portogallo centrale è il regno della quiete, l’Algarve rappresenta invece l’anima luminosa e spettacolare del Paese. Pedalare lungo la sua costa significa viaggiare sospesi tra l’Atlantico, scogliere dorate e spiagge infinite, in uno dei territori più scenografici d’Europa.
Uno dei percorsi più apprezzati dai cicloturisti collega Sagres a Faro, seguendo strade secondarie, tratti della EuroVelo 1 – Atlantic Coast Route e piste ciclabili costiere. La distanza complessiva varia in base alle varianti scelte, ma si aggira intorno ai 150–170 chilometri, perfetti da suddividere in più tappe.
Il viaggio inizia spesso da Sagres, luogo simbolico legato alle esplorazioni portoghesi, dove il vento e l’oceano dominano il paesaggio. Da qui si pedala verso est, attraversando cittadine come Lagos, Portimão e Albufeira, alternando tratti selvaggi a zone più turistiche. Le salite non mancano, soprattutto lungo la costa occidentale, ma sono sempre ripagate da panorami mozzafiato.
Uno degli aspetti più interessanti del cicloturismo in Algarve è la sua versatilità: si può scegliere un approccio sportivo oppure più rilassato, fermandosi spesso per un bagno, un piatto di pesce fresco o un caffè vista oceano. Le infrastrutture turistiche sono ottime e rendono il percorso adatto anche a chi viaggia con borse e bici gravel o e-bike.
Arrivando a Faro, porta d’accesso alla Ria Formosa, il paesaggio cambia ancora: lagune, isole sabbiose e un ecosistema unico accompagnano gli ultimi chilometri. È la conclusione perfetta di un viaggio che unisce natura, mare e cultura ciclistica.
Pedalare in Algarve non è solo una vacanza attiva: è un’esperienza sensoriale, fatta di luce, vento e orizzonti aperti.
Pedalare tra vigneti e memoria: la Ecopista do Dão, il volto slow del Portogallo
24/12/2025 in Viaggi
Nel cuore del Portogallo centrale esiste una pista ciclabile che sembra disegnata apposta per chi ama viaggiare senza fretta. È la Ecopista do Dão, uno dei percorsi cicloturistici più belli del Paese, ricavato dal sedime di una ex linea ferroviaria che collegava Santa Comba Dão a Viseu.
Il tracciato si sviluppa per circa 49 chilometri, completamente asfaltati e chiusi al traffico, con pendenze dolci che lo rendono adatto a tutti: famiglie, cicloturisti alle prime armi e viaggiatori esperti in cerca di relax. Si pedala immersi in un paesaggio rurale autentico, tra vigneti, uliveti, piccoli borghi in pietra e fiumi che scorrono lenti, accompagnati dal silenzio e dal canto degli uccelli.
Uno dei grandi punti di forza della Ecopista è il suo ritmo naturale. Le vecchie stazioni ferroviarie sono state trasformate in aree di sosta, bar e punti informativi, perfette per una pausa o per assaggiare i prodotti locali. La zona è infatti famosa per i vini del Dão, tra i più eleganti del Portogallo, e per una cucina semplice ma ricca di sapori.
Dal punto di vista cicloturistico, il percorso è ideale anche come viaggio di più giorni, combinandolo con deviazioni verso Viseu, Coimbra o la valle del Mondego. Qui la bicicletta diventa uno strumento per leggere il territorio, seguendo una linea che un tempo univa comunità e oggi unisce viaggiatori.La Ecopista do Dão non è solo una pista ciclabile: è un invito a rallentare e ad ascoltare il Portogallo più intimo.








