Le Fiandre in bike: da Gand a Bruges tra canali, mulini e cioccolato
18/11/2025 in Viaggi
Tra i percorsi ciclabili europei più apprezzati, il collegamento tra Gand e Bruges occupa un posto speciale. Non è solo un viaggio in bicicletta: è un’immersione nella scena fiamminga, dove i canali si specchiano come quadri e ogni cittadina sembra uscita da una miniatura medievale.
Si parte da Gand, città giovane e vivacissima, con un centro storico che alterna palazzi gotici, tetti a gradoni e mercati popolari. Uscire in bicicletta dal cuore urbano è sorprendentemente semplice: le piste ciclabili fiamminghe, famose per cura e segnaletica, guidano il cicloturista verso la campagna senza soluzione di continuità.
Il percorso segue lunghi tratti del canale Ghent–Bruges, un corridoio d’acqua perfettamente rettilineo, fiancheggiato da pioppi e fattorie. Il terreno è completamente pianeggiante, perfetto per famiglie o per chi vuole mantenere una velocità costante.
Ogni tanto compare un mulino restaurato o un piccolo ponte levatoio che ricorda la centralità storica di queste vie d’acqua, un tempo cruciali per il commercio dei tessuti.
A metà strada vale la pena fermarsi nel villaggio di Aalter, dove piccole caffetterie invitano a un assaggio di cioccolato artigianale o delle celebri “speculoos”, i biscotti speziati tipici della zona.
L’arrivo a Bruges, dichiarata Patrimonio UNESCO, è un crescendo di suggestioni: le prime case in mattoni rossi, i canali che si incrociano come nei dipinti di Van Eyck, le barche lente che sfiorano i muri delle case storiche. Entrare in città pedalando significa scoprire Bruges nella sua dimensione più naturale: quella di borgo rinascimentale rimasto sospeso nel tempo.
Il percorso totale misura poco più di 45 km e può essere completato in mezza giornata, ma la tentazione di fermarsi spesso per fotografare ponti, papere o angoli nascosti prolunga inevitabilmente i tempi. Ed è giusto così: nelle Fiandre non si pedala per arrivare, ma per guardare.
La Mosa in bicicletta: tra valloni, castelli e birrifici
18/11/2025 in Viaggi
Pedalare lungo la Mosa, nel cuore della Vallonia, è un’esperienza che unisce paesaggio, storia e gusto in un’unica, lunga boccata d’aria fresca. Il percorso EuroVelo 19 che attraversa il Belgio segue fedelmente il fiume, regalando scorci continui di scogliere calcaree, cittadine medievali e antichi bastioni che sembrano spuntare direttamente dall’acqua.
Un itinerario che non presenta difficoltà tecniche particolari e che si presta sia a chi ama il ritmo lento sia ai cicloturisti più allenati.
L’avventura può iniziare a Dinant, la “perla della Mosa”, dominata dalla sua imponente cittadella. Dopo pochi chilometri si entra nel vivo del paesaggio vallone: il fiume scorre placido tra alte pareti rocciose, punteggiate di piccole grotte e vegetazione. La pista ciclabile, quasi sempre separata dal traffico, permette di pedalare in assoluta tranquillità.
Lungo la strada, le soste non mancano: dalle birre trappiste di Maredsous alle botteghe di artigiani del rame che raccontano tradizioni secolari. Anche gli amanti dell’architettura trovano la loro meta: castelli come Freÿr costeggiano il tragitto con giardini geometrici che ricordano Versailles in miniatura.
Il tratto più suggestivo arriva poco prima di raggiungere Namur, capitale della Vallonia. La città, abbracciata dalla confluenza tra Sambre e Mosa, si presenta con un mix perfetto di calma provinciale e vitalità culturale. La ciclabile entra nel centro storico, tra caffè eleganti e case borghesi, prima di salire per chi ha ancora energie verso la celebre Cittadella, uno dei punti panoramici più spettacolari del Paese.
Un percorso ideale per una due giorni, ma che può trasformarsi facilmente in una gita giornaliera. La Mosa è un fiume che non corre: accompagna. E il suo ritmo diventa presto quello del cicloturista.
Pedalare tra borghi e vigneti: il nuovo trend delle micro-avventure in bicicletta
17/11/2025 in News
Le chiamano “micro-avventure”: brevi viaggi di uno o due giorni, spesso pianificati all’ultimo minuto, con l’obiettivo di staccare la spina e vivere un’esperienza intensa senza allontanarsi troppo da casa. Un fenomeno che sta conquistando i cicloturisti italiani, complice la riscoperta dei territori rurali e dei borghi storici.
Da Nord a Sud, sono sempre di più le mete ideali per questo tipo di esperienza. Le colline toscane, con i loro itinerari gravel tra vigneti e strade bianche, attraggono gruppi di amici e coppie in cerca di un weekend fuori porta. In Piemonte, le Langhe offrono percorsi panoramici che alternano cantine, castelli e piccoli saliscendi impegnativi al punto giusto.
Al Sud, il Salento e la Basilicata stanno emergendo come destinazioni perfette per chi vuole combinare pedalate, mare e cultura.
La formula vincente delle micro-avventure è la semplicità: bastano una bici, una borsa da bikepacking e un alloggio prenotato, spesso un B&B a conduzione familiare. I cicloturisti scelgono la lentezza, fermandosi nei piccoli bar di paese, acquistando prodotti locali e godendosi paesaggi che a volte sfuggono al turismo più frettoloso.
Gli esperti di settore sottolineano come questa tendenza stia favorendo la crescita economica delle aree interne, normalmente meno visitate. E le comunità locali rispondono con entusiasmo: mappe dedicate, punti acqua, ciclo-officine e servizi pensati ad hoc.
Le micro-avventure rappresentano non solo una nuova forma di vacanza, ma un modo per riconnettersi al territorio e riscoprire valori come autenticità e convivialità. E per molti cicloturisti, sono già la miglior cura contro la routine quotidiana.
La rinascita delle ciclovie italiane: perché il 2026 sarà l’anno d’oro del cicloturismo
17/11/2025 in News
Negli ultimi anni il cicloturismo è passato da nicchia per appassionati a vero fenomeno nazionale. Ma il 2026 potrebbe segnare una svolta storica: tra nuovi investimenti pubblici, reti ciclabili sempre più connesse e un crescente interesse per viaggi lenti e sostenibili, l’Italia si prepara a diventare una delle destinazioni cicloturistiche più ambite d’Europa.
Secondo i dati delle regioni, la spinta arriva soprattutto dai grandi progetti infrastrutturali.
La Ciclovia del Sole, ad esempio, continua a estendersi verso nord e sud, collegando città e borghi con percorsi protetti e ben segnalati. Parallelamente, la Ciclovia Adriatica vive una stagione di rilancio grazie a una maggiore integrazione tra treni regionali e servizi bici, mentre il Sentiero Vento lungo il Po, nonostante ritardi, sta attirando un numero sempre crescente di ciclisti grazie alla sua natura pianeggiante e ai paesaggi fluviali.
Ma il vero cambiamento è culturale. Hotel e agriturismi stanno investendo in servizi bike-friendly, dalle officine interne alle colazioni energetiche, fino ai trasporti dedicati.
Le amministrazioni locali organizzano festival, pedalate collettive e campagne di sensibilizzazione, trasformando le ciclovie in veri corridoi turistici.
Per gli operatori del settore, il messaggio è chiaro: il cicloturismo non è più un’alternativa economica, ma un segmento strategico. E per chi ama viaggiare in bici, il 2026 promette un’Italia più accogliente, sicura e soprattutto pedalabile.
Pedalare Lontano: il nuovo volto del cicloturismo italiano
16/11/2025 in News
Negli ultimi anni il cicloturismo è passato da nicchia per appassionati a fenomeno in rapida crescita, capace di intercettare viaggiatori in cerca di lentezza, natura e sostenibilità. Le statistiche parlano chiaro: le presenze sulle ciclovie italiane sono aumentate, così come l’offerta di servizi dedicati, dai bike hotel alle officine “on the road”. Ma più dei numeri, è l’esperienza diretta dei pedalatori a raccontare la trasformazione del viaggio sulle due ruote.
Una delle ragioni del successo è la possibilità di “staccare” davvero. Le ciclovie come la Verona–Firenze, la Via Silente nel Cilento o la Ciclovia dei Parchi della Calabria mostrano una dimensione del Paese spesso invisibile da auto e treni: borghi silenziosi, strade secondarie, artigiani nascosti dietro porte che si aprono solo a chi arriva senza fretta. Pedalare significa avere il tempo di osservare e, soprattutto, di incontro.
Le mete lungo le grandi vie ciclabili stanno imparando a dialogare con questo nuovo turismo. Agriturismi che offrono colazioni energetiche, osti che ricaricano le e-bike, piccoli musei pronti ad aprire fuori orario per accogliere un gruppo di ciclisti: la micro-economia locale sta scoprendo che il viaggiatore lento non porta solo curiosità, ma anche risorse e attenzione ai territori.
Il cicloturismo porta con sé anche una nuova idea di avventura. Non si parla più soltanto di imprese estreme o di lunghi viaggi intercontinentali: la vera sfida è spesso trovare la propria andatura, imparare a gestire il peso delle borse, affrontare una salita che sembrava impossibile. Ogni itinerario porta con sé un piccolo rito di passaggio. E, al termine, la consapevolezza che il viaggio non è stato solo geografico, ma personale.
Le prospettive per i prossimi anni sono ottimistiche. Molte regioni stanno investendo in segnaletica, manutenzione e infrastrutture dedicate, dalla diffusione delle rastrelliere sicure all’ampliamento delle stazioni ferroviarie “bike-friendly”. Se la crescita proseguirà, l’Italia potrà diventare una delle principali destinazioni cicloturistiche del continente, valorizzando contemporaneamente paesaggi e comunità.
Nel frattempo, la strada è lì: a volte perfettamente asfaltata, altre sterrata e un po’ polverosa. Ma è proprio questa varietà a rendere il cicloturismo un viaggio autentico. Uno di quelli che, una volta tornati a casa, lascia addosso la voglia di ripartire.
Cicloturismo: i consigli pratici per affrontare la strada con leggerezza (e qualche certezza)
15/11/2025 in Tecnica
Negli ultimi anni sempre più persone scelgono la bicicletta come compagna di viaggio. Non solo per l’idea romantica della libertà a pedali, ma anche perché il cicloturismo è un modo sostenibile, economico e sorprendentemente accessibile per scoprire territori nuovi. Tuttavia, partire senza una minima preparazione può trasformare la pedalata dei sogni in una collezione di imprevisti. Ecco dunque alcuni consigli pratici, raccolti tra i viaggiatori più esperti, per affrontare il viaggio con maggiore sicurezza.
1. Preparare la bici prima di partire
La regola d’oro è semplice: una bici ben regolata salva tempo, energie e spesso anche l’umore. Prima di partire, controlla l’usura della catena, lo stato dei freni e la pressione delle gomme. Una revisione in officina può essere un piccolo investimento che evita guai in piena campagna. Da non dimenticare un kit per le piccole riparazioni: leve smontacopertoni, camera d’aria di scorta e una mini-pompa sono il minimo sindacale.
2. Viaggiare leggeri è un’arte
Ogni cicloturista lo impara sulla propria pelle: la vera differenza non la fa la potenza delle gambe, ma il peso delle borse. Riduci il superfluo e punta su capi tecnici che si asciugano in fretta. Meglio un cambio in meno che un chilo in più. L’obiettivo è trovare un equilibrio tra autonomia e comfort: abbastanza attrezzatura per non restare scoperti, ma non tanta da rallentare ogni salita.
3. Pianificare… ma non troppo
Le mappe digitali e le app dedicate sono utilissime, ma il bello del cicloturismo è lasciare spazio all’imprevisto. Programma le tappe principali, segnati i punti acqua e i tratti più impegnativi, ma mantieni una certa flessibilità. A volte la deviazione meno calcolata può rivelare un borgo da cartolina o un incontro inaspettato.
4. Alimentazione: la benzina del cicloturista
Pedalare per ore richiede una buona strategia energetica. Colazioni ricche di carboidrati, spuntini frequenti e idratazione costante aiutano a mantenere ritmo e lucidità. Portare sempre con sé barrette, frutta secca o panini semplici evita i cali di energia nei momenti meno opportuni.
5. Sicurezza prima di tutto
Giubbotto catarifrangente, luci funzionanti e casco sono alleati indispensabili. Se si viaggia all’estero o in zone poco abitate, condividere la traccia del percorso con qualcuno a casa è una buona abitudine. Non si tratta di allarmismo, ma di prudenza consapevole.
6. La testa fa più strada delle gambe
Infine, il consiglio che accomuna ogni cicloturista navigato: non avere fretta. Il ritmo del viaggio lo detta la strada, non il cronometro. Accettare i momenti di fatica, imparare a gestire il vento contrario e sapersi fermare quando serve fanno parte dell’esperienza. Il cicloturismo non è una gara, ma una conversazione continua con il territorio.
Tra borghi e pedali: da Orvieto a Civita di Bagnoregio, un viaggio in bici dove il tempo rallenta
14/11/2025 in News
C’è un momento, lungo ogni viaggio in bicicletta, in cui il rumore del traffico svanisce e resta solo il fruscio delle ruote sull’asfalto. Per molti cicloturisti coincide con l’inizio del viaggio vero. È successo anche a me lasciando Orvieto, ancora assopita sotto l’ombra del suo Duomo, in una mattina d’estate. La città, arroccata sul tufo, si allontanava lentamente mentre la strada iniziava a scendere tra vigneti e poderi.
Pedalare in queste zone significa entrare in un ritmo diverso, più vicino a quello della campagna umbra che a quello dei motori. Ogni chilometro offre un dettaglio che a bordo di un’auto passerebbe inosservato: il profumo del pane appena sfornato che esce da una panetteria di paese, le chiacchiere lente degli anziani sotto un portico, il vento che accarezza i campi di grano.
Il tratto più affascinante è stato un’antica strada bianca che collega piccoli borghi rurali. Qui il paesaggio è protagonista assoluto: colline morbide, casali isolati e una luce che cambia di continuo. Ogni curva sembra aprire una scena nuova, quasi fosse un film girato dal vivo. In questo contesto la bicicletta diventa un mezzo di lettura del territorio: permette soste improvvise, deviazioni non previste, incontri casuali. Come quello con un agricoltore che, vedendomi passare, ha offerto un bicchiere d’acqua fresca e qualche indicazione sulla strada: “La salita prima del colle è tosta, ma poi scendi verso un altro mondo”, ha detto. Aveva ragione.
Dopo l’ultimo strappo, il panorama si è aperto sulla Valle dei Calanchi, con la sagoma sospesa di Civita di Bagnoregio, la “città che muore”, meta del mio viaggio. Il ponte pedonale che porta al borgo sembrava fluttuare nel vuoto, e avvicinarsi lentamente in bici ha reso l’arrivo quasi solenne.
È qui che capisci cosa rende speciale il cicloturismo: la conquista dolce. Non c’è la frenesia della prestazione sportiva né la superficialità del turismo veloce. C’è invece una forma di viaggio che riconnette al territorio, alla sua storia, ai suoi ritmi. Il paesaggio intorno a Civita sembrava raccontare secoli di vita contadina, e il pensiero è andato a quanto sarebbe rimasto invisibile senza la scelta di pedalare.
Da Orvieto a Civita di Bagnoregio, ogni strada è diventata una piccola cronaca, ogni incontro una nota di viaggio. È questo il fascino del cicloturismo: trasformare il percorso in un racconto, con le ruote come penna e il territorio come pagina.
Il corpo in sella: come la postura può trasformare il tuo viaggio in bici
13/11/2025 in Tecnica
Chi ha percorso anche solo cento chilometri in sella lo sa: il corpo racconta ogni vibrazione della strada. Nel cicloturismo, dove le giornate si misurano in ore e non in chilometri, la differenza tra un viaggio indimenticabile e una tortura a pedali spesso si gioca su un dettaglio invisibile la postura.
La biomeccanica non è solo per i professionisti
Molti viaggiatori credono che la “biomeccanica” sia una parola da corridori o triatleti. In realtà, è l’arte di adattare la bici al corpo, non il contrario.Una corretta posizione in sella permette di distribuire i carichi, migliorare l’efficienza e prevenire dolori a schiena, collo, ginocchia e mani le zone più sollecitate nei lunghi viaggi.
Il primo passo è conoscere se stessi: altezza del cavallo, flessibilità, lunghezza delle braccia e persino la mobilità delle anche influenzano il modo in cui si pedala. Due ciclisti alti uguali possono avere esigenze molto diverse. Da qui l’importanza di un bike fitting, un’analisi posturale che regola altezza sella, arretramento, lunghezza dell’attacco manubrio e inclinazione delle leve freno.
Sella e manubrio: un equilibrio dinamico
Nel cicloturismo, la posizione deve privilegiare il comfort senza sacrificare troppo l’efficienza.Una sella troppo alta costringe il bacino a oscillare, affaticando le ginocchia; una sella troppo bassa riduce la potenza e aumenta il rischio di infiammazioni ai tendini.La distanza manubrio-sella è altrettanto cruciale: se è eccessiva, il ciclista carica troppo peso sui polsi; se troppo corta, il busto si chiude e la respirazione si fa più difficile.
Molti viaggiatori trovano la giusta via di mezzo regolando l’altezza del manubrio leggermente sopra la linea della sella. È una soluzione che apre il torace, riduce la tensione sulle spalle e permette di variare posizione durante la giornata.
Pedalare con il corpo, non contro di esso
La biomeccanica del movimento non riguarda solo la posizione, ma anche il modo in cui si pedala.Un colpo di pedale rotondo, fluido, con spinta e richiamo, aiuta a distribuire lo sforzo tra quadricipiti, glutei e polpacci. I pedali automatici o le gabbiette, se usati correttamente, permettono proprio questo: lavorare su tutto l’arco del movimento, non solo “spingere”.Durante lunghi viaggi, alternare la cadenza di pedalata (tra 80 e 90 rpm per molti cicloturisti) aiuta a evitare sovraccarichi muscolari. Il corpo si adatta, ma solo se lo si ascolta: piccoli fastidi sono spesso segnali precoci di un assetto da rivedere.
Il comfort è la vera performance
Non c’è record da inseguire nel cicloturismo, ma la comodità è una forma di performance: ti permette di pedalare più a lungo, con meno sforzo, e soprattutto di goderti il paesaggio.
LPiccole modifiche una sella ergonomica, manopole anatomiche, un reggisella ammortizzato possono cambiare radicalmente la percezione del viaggio.
Ascoltare il corpo, ogni giorno
La biomeccanica non è un assetto fisso, ma un equilibrio in evoluzione. Durante un viaggio di più settimane, il corpo cambia: i muscoli si adattano, la flessibilità migliora o peggiora, e ciò che era comodo all’inizio può non esserlo più dopo mille chilometri.Per questo è utile ricontrollare periodicamente la posizione: basta una brugola e cinque minuti per ritrovare il comfort perduto.
La Via Silente: il Cilento in bicicletta tra mare, borghi e silenzi
12/11/2025 in News
Tra montagne, ulivi e coste dimenticate, un itinerario che è un viaggio nel tempo.Nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, tra le vette del Monte Cervati e le acque cristalline di Marina di Camerota, si snoda uno degli itinerari più affascinanti d’Italia: La Via Silente.
Un percorso ad anello di circa 600 chilometri, suddiviso in 15 tappe, che invita i cicloturisti a scoprire un territorio autentico, dove il tempo sembra essersi fermato.
L’avventura parte da Castelnuovo Cilento, piccolo borgo arroccato con vista sul mare, e si sviluppa su strade secondarie, attraversando paesi come Rofrano, Laurino, Piaggine e Sanza. Lungo la strada, i panorami cambiano continuamente: dalle gole del Calore ai boschi di castagni, dalle rovine di Velia ai profumi della macchia mediterranea.
Ma ciò che rende unica la Via Silente non è solo la bellezza del paesaggio: è il ritmo lento del viaggio, il contatto diretto con le persone, la possibilità di dormire in piccoli agriturismi e rifugi, spesso gestiti da famiglie che vivono ancora dei frutti della terra.Un progetto nato dal basso, grazie all’intuizione di due cicliste cilentane che hanno tracciato il percorso per valorizzare un territorio dimenticato.
Oggi la Via Silente è un modello di cicloturismo sostenibile: accoglienza diffusa, segnaletica chiara, servizi per i biker e, soprattutto, una filosofia che mette al centro il silenzio, la lentezza e l’autenticità.Un’esperienza che insegna che, a volte, pedalare piano è il modo migliore per andare lontano.
Bikepacking: la nuova frontiera del viaggio leggero
12/11/2025 in News
Come il minimalismo in sella sta rivoluzionando il modo di esplorare il mondo.Zaino, tenda, e una bici gravel: bastano pochi oggetti per sentirsi liberi.
Negli ultimi anni il bikepacking è diventato molto più di una moda: è una filosofia di viaggio che unisce l’avventura del cicloturismo alla libertà del campeggio leggero. Dalle Alpi alle steppe della Mongolia, sempre più viaggiatori scelgono di abbandonare le borse laterali e le rotte battute per pedalare verso l’ignoto.
L’idea è semplice: caricare tutto il necessari: tenda, sacco a pelo, cibo e attrezzi direttamente sulla bici, con borse compatte fissate al telaio. Il risultato è un mezzo agile, pronto ad affrontare sterrati, sentieri e lunghi dislivelli.
Non servono strutture turistiche o tappe obbligate: ci si ferma dove finisce la luce o dove inizia il silenzio.
Il boom del bikepacking ha cambiato anche l’industria del ciclismo: oggi esistono telai specifici, borse ultraleggere, e una nuova generazione di biciclette “gravel” pensate per muoversi tra asfalto e sentieri.Ma più della tecnologia, ciò che affascina è l’esperienza: dormire sotto le stelle, accendere un fornellino all’alba e rimettersi in marcia verso un orizzonte che cambia ogni giorno.
Il bikepacking è, in fondo, un ritorno alle origini del viaggio: nessuna fretta, nessuna meta prestabilita, solo la voglia di scoprire il mondo un chilometro alla volta.Una rivoluzione silenziosa che riporta la bici al suo significato più puro: libertà.









