Dal Friuli al mare: l’Italia lenta della Ciclovia Alpe Adria
Se la parte austriaca della Ciclovia Alpe Adria è un inno alla natura alpina, quella italiana è un viaggio nell’anima storica e culturale del Friuli Venezia Giulia.
Il fascino dei borghi rinati
Appena superato il confine, il cicloturista incontra Venzone e Gemona, due borghi simbolo della resilienza friulana. Distrutti dal terremoto del 1976, sono stati ricostruiti pietra su pietra, restituendo un patrimonio medievale oggi splendente. Fermarsi qui significa pedalare nella memoria, ma anche nell’orgoglio di una comunità che non si è arresa.
La pianura che accoglie
Superata la fascia pedemontana, il paesaggio si apre. La ciclovia corre tra campi coltivati, vigneti e mulini ad acqua. È un invito alla lentezza: ogni borgo custodisce una piazza, una trattoria, un racconto. A Udine, il castello domina dall’alto e le osterie offrono il tipico tajut, un calice di vino condiviso come rito sociale.
Aquileia, capitale di un altro tempo
Pochi chilometri più a sud, la strada incontra Aquileia, antica città romana e centro del cristianesimo. Qui la basilica e i mosaici pavimentali tolgono il fiato: è come se la storia avesse deciso di fermarsi per accogliere chi arriva in bicicletta. Un contrasto suggestivo: la lentezza del pedalare incontra la profondità dei secoli.
L’arrivo a Grado
La ciclovia termina a Grado, affacciata sulla laguna. Dopo centinaia di chilometri, l’orizzonte si apre sul mare Adriatico. Il cicloturista posa la bici, si siede in spiaggia e guarda le onde: il viaggio non è più solo geografico, ma interiore.