
Tra vigne e borghi: il cicloturismo che riscopre l’Italia minore
Un’Italia meno nota, fatta di strade bianche, vigne che si arrampicano sui colli e borghi che sembrano usciti da un affresco medievale, sta diventando la nuova meta dei cicloturisti. Secondo l’ultimo rapporto Isnart-Unioncamere, il cicloturismo nel nostro Paese vale ormai oltre 7 miliardi di euro l’anno. Ma ciò che sorprende è il cambio di rotta: non più solo grandi ciclovie europee come l’Adige o la Via Francigena, bensì un crescente interesse per i territori “minori”.
In Piemonte, ad esempio, il “Giro del Barbaresco” offre 75 chilometri tra vigneti e cascine storiche, mentre in Umbria la “Greenway del Nera” si snoda lungo le sponde di un fiume cristallino, passando per abbazie millenarie. Itinerari che non richiedono grandi imprese sportive, ma un passo lento e la voglia di perdersi in panorami intatti.
A favorire questa tendenza è anche la crescente diffusione delle e-bike, che permettono a un pubblico più ampio di affrontare salite e sterrati senza timore. “Il cicloturista di oggi cerca autenticità, non performance” spiega un operatore di tour in bicicletta del Chianti. “Vuole conoscere i produttori locali, fermarsi a un mercato di paese, assaggiare un vino nel luogo in cui nasce”.
Il risultato è un turismo sostenibile, che genera valore economico senza snaturare i luoghi, e che restituisce dignità a strade secondarie, sentieri e borghi che rischiavano l’abbandono. Un nuovo modo di viaggiare che fa bene ai territori – e alle gambe.