
Dal Monviso al Mare: cronaca di un viaggio in bici lungo il grande fiume
Ottocento chilometri, sei regioni attraversate, dieci giorni di pedalate, decine di volti, storie e paesaggi diversi. È il bilancio, più umano che numerico, di un viaggio cicloturistico che ha seguito il corso del fiume Po dalla sorgente, tra le rocce del Monviso, fino al suo addio liquido nel Delta adriatico. Un percorso che è insieme esperienza geografica, sociale e culturale, attraversando l’Italia profonda al ritmo delle ruote su asfalto, sterrato e argini erbosi.
Il punto di partenza: Crissolo e la sorgente del Po
Il viaggio comincia a Crissolo, in provincia di Cuneo, a oltre 2.000 metri di quota. Qui, dove il Po nasce come un piccolo rigagnolo tra le pietre, la bicicletta non ha ancora molto spazio: i primi tratti sono impervi, e richiedono spirito di adattamento. La vera pedalata comincia più a valle, da Saluzzo in giù, dove il fiume inizia a farsi strada nella pianura piemontese.
Attraverso il Piemonte: paesaggi rurali e memoria industriale
Pedalando verso est si entra nel cuore agricolo del Piemonte. Il percorso ciclabile, in gran parte segnalato e asfaltato, alterna argini e strade secondarie. Le risaie del Vercellese, già colme d’acqua a maggio, riflettono il cielo come specchi. Le tappe principali includono Chivasso, Trino e Casale Monferrato, dove il Po scorre placido accanto a centrali dismesse e piccoli porti fluviali abbandonati, memoria di un’economia che fu.
Lombardia: il Po come filo conduttore tra città e campagna
L’ingresso in Lombardia segna una transizione netta. A Pavia, il ponte coperto sul Ticino accoglie i ciclisti come una porta simbolica. La ciclabile si sviluppa sull’argine maestro: è larga, ben tenuta, costeggiata da pioppeti e campi coltivati. A Cremona, capitale del violino, si incrociano altri cicloviaggiatori diretti verso il Brennero o il Lago di Garda. Ma il Po resta la guida silenziosa: imponente, spesso invisibile alla vista, ma sempre presente nel paesaggio, nei racconti degli abitanti, nei bar di paese dove ci si ferma per riempire le borracce.
L’Emilia-Romagna: Ferrara e la cultura della bici
A Piacenza si entra nella terra della bassa, piatta, sterminata, che ha forgiato generazioni di contadini, scrittori e cantautori. I chilometri scorrono veloci, il vento può essere alleato o nemico. Ferrara, tappa obbligata, si presenta come la città ideale per il cicloturismo: piste ovunque, traffico ridotto, strutture ricettive bike friendly. Qui il Po si biforca in diversi rami, segnando l’ingresso nel territorio del Delta.
Il Veneto e il grande finale nel Delta
Negli ultimi chilometri, tra Comacchio e Porto Tolle, il paesaggio cambia di nuovo: l’acqua domina tutto, sotto forma di lagune, canali, paludi, valli da pesca. La segnaletica è meno frequente, le strade più isolate, ma la ricompensa è altissima. L’arrivo al Faro di Goro, dove il fiume si fonde con l’Adriatico, è un momento silenzioso e potente. Nessuna cerimonia, nessuna linea d’arrivo, solo il mare, le onde e il vento che accarezza le ruote.
Un’esperienza per chi cerca lentezza e autenticità
Il viaggio lungo il Po in bicicletta non è una sfida sportiva, ma un’immersione lenta e profonda nell’Italia minore. Offre strutture semplici ma accoglienti, percorsi alla portata di tutti e l’occasione rara di attraversare il Paese senza filtri. Qui il turismo non è un business, ma un incontro: con i volti, i dialetti, le cucine locali e una natura sorprendentemente varia.
Un’esperienza che si può vivere in una settimana o spezzettare in tappe mensili, da soli o in compagnia. Ma che, comunque la si affronti, lascia un segno profondo. Come il solco che il grande fiume ha inciso nella storia d’Italia.