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Falsi miti sullo stretching

Lo stretching è un’esercizio decisamente importante anche per i ciclisti. Erroneamente, in molti sottovalutano i benefici che esso può apportare in uno sport in cui “basta far girare le gambe”. Tutti i muscoli del ciclista devono infatti supportare l’atleta durante la performance: sono coinvolti in particolare braccia, gambe e schiena.

Partendo dal presupposto che chi ci legge sia ben a conoscenza di quanto detto e si applichi nello stretching prima e dopo aver inforcato la bici, ecco alcuni falsi miti che è bene risolvere:

N°1 – Se non fai stretching regolarmente, i muscoli si rimpiccioliscono
Quando un’articolazione ha raggiunto la flessione o l’estensione massima, il nostro cervello riceve dei segnali di avvertimento. Se poi tale articolazione non viene sfruttata regolarmente al massimo delle sue potenzialità, i ricettori che inviano il segnale inizieranno a tollerare sempre meno la tensione. In pratica si verifica una perdita di flessibilità e non un restringimento.
Un rimpicciolimento del muscolo può interessare i sarcomeri (le parti contrattile più piccole del muscolo) solo in particolari condizioni patologiche.

N° 2 – Lo stretching allevia il dolore muscolare
Quando si sperimentano forti dolori muscolari non si dovrebbe mai fare stretching perché l’esercizio potrebbe peggiorare le microfatture delle fibre muscolari.
In genere più l’allenamento è intenso più occorre fare attenzione allo stretching. Una sessione di stretching troppo lunga può influire negativamente sulla circolazione sanguigna e quindi rallentare il recupero post-allenamento.

N° 3 – Lo stretching riduce il rischio di infortuni
Si tratta di un’affermazione senza alcuna base scientifica. Lo scopo dello stretching è quello di preparare muscoli, tendini, articolazioni, legamenti allo sforzo richiesto dall’allenamento. Migliorare la coordinazione muscolare e la circolazione sanguigna nei muscoli.

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